Di Cristiana Pivetti
Ci viene detto che dobbiamo transitare verso un mondo migliore perché quello attuale non è sostenibile. Che dobbiamo essere guidati alla massima velocità verso l’era delle macchine e dell’Intelligenza Artificiale. Che dobbiamo lasciarci transitare verso il nuovo mondo auspicato da Klaus Schwab and Company, così da poter essere governati da un regime tecno-scientifico che metterà “in discussione la nostra concezione di essere umano”. Che dobbiamo transitare senza sosta, sferzati da un susseguirsi di emergenze infinite, fino ad approdare nel transumanesimo con un DNA “migliorato” e un microchip nel cervello, trascinando nel Mondo Nuovo la Natura intera.
Siamo entrati nell’era delle emergenze “convergenti”: si supportano reciprocamente nell’esigenza di plasmare il mondo secondo una precisa volontà, decifrabile nel programma dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e della Quarta Rivoluzione Industriale.
La transizione ecologica risponde all’urgenza di contenere il cosiddetto Riscaldamento globale causato dalla CO2, scatenando così una vera e propria carboniofobia: la CO2 diventa il nemico invisibile che mette in pericolo la vita terrestre, smuove la “sensibilità” dei “padroni universali” affinché si faccia l’impossibile per salvare “il pianeta in fiamme”. La realtà prodotta in vitro nei laboratori massmediatici di manipolazione di massa, a cui tutti devono aderire acriticamente, forgia una massa compatta e uniforme, resiliente agli imperativi calati dall’alto e pronta a fare la propria parte nella lotta alla “pericolosissima” anidride carbonica. Contemporaneamente, l’economia di guerra, principale responsabile dell’inquinamento ambientale e delle emissioni di CO2, vola: si svuotano i “vecchi” arsenali per riempirli con nuovi strumenti di morte a tecnologia avanzata, nella totale indifferenza della galassia “ecologista”. Il personaggio simbolo della militanza ecologista è Greta Thunberg, che dalla gavetta passata a presidiare il Parlamento svedese è arrivata ai salotti di Davos. Greta è il prodotto in vitro di Al Gore e degli altri pesi massimi della narrazione catastrofista, è “l’influencer” che sollecita i giovani ad invocare il programma “ecologista” messo a punto dai centri di potere finanziari, tecnologici e dall’ONU, per salvare il Pianeta “prima che sia troppo tardi”.
Ai seguaci di Greta si sono aggiunti Just Stop Oil (Regno Unito), Ultima Generazione (Italia) e tanti altri gruppi di eco-ansiosi. Sono i neo-attivisti 4.0, accessoriati con colla vernice e telecamere al seguito, per riprendere in tempo reale quello che sembra un set cinematografico più che una protesta. I neo-attivisti sono spregiudicati perché il “Tempo per salvare il Pianeta è finito”, e con esso anche le buone maniere. Imbrattano le opere d’arte nei musei, bloccano il traffico, si incollano alle pareti, dominano i salotti televisivi mainstream per promuovere le loro ansie climatiche.
Mettono in scena delle vere e proprie sceneggiate sponsorizzate dai loro padroni: i filantropi progressisti e simpatizzanti dell’ideologia transumanista. Fanno proprie le istanze portate avanti dall’elite mondiale e dai loro finanziatori. Si sentono “woke”, i risvegliati. Agiscono illudendosi di salvare il mondo a suon di slogan preconfezionati contro la CO2, il clima che cambia e l’estrazione dei combustibili fossili, peccato che “dormano” sull’impatto devastante della transizione digitale e sull’aumento esponenziale dell’inquinamento elettromagnetico. Sono “fluidi”, perfettamente adattabili al contenitore ideologico di chi li finanzia, e funzionali all’avanzare del Grande Reset e della piena realizzazione della Quarta Rivoluzione Industriale. Difendono tutte le istanze del potere dominante, dal consumo di insetti alla carne sintetica, dall’ideologia Lgbtq+ al depopolamento per salvare il Pianeta, diventando così gli utili idioti della transizione green e transessuata della società. I movimenti Friday for Future, Extintion Rebellion, Just Stop Oil, Ultima Generazione e via dicendo, non sono altro che la base di una piramide gerarchica al di sopra della quale risiede una nutrita cricca di politici, manager, fondazioni filantropiche, elite finanziarie e tecnocratiche, magnati del petrolio, del nucleare e delle energie “pulite”, organizzazioni governative e non governative; al di sotto della base piramidale, invece, la massa umana viene educata alla resilienza come nuovo atto di fede, come via di salvezza dalle crisi infinite, così che si adatti a non possedere nulla, a non avere privacy e nonostante tutto ad essere felice, secondo lo slogan del World Economic Forum, a nutrirsi di cibo industriale, di insetti e di carne e verdura sintetiche, a mandare i propri figli in scuole trasformate in hub tecnologici che sfornano automi digitali. Dalla manovalanza “eco fluida”, passando per le Ong ambientaliste, fino ad arrivare alle organizzazioni governative, vengono diffusi gli stessi identici messaggi catastrofisti, “conditi” con date “sparate a caso”, ma che danno forza a slogan palesemente sospesi tra il genere fantasy e quello fantascientifico.
L’obbiettivo è quello di instillare paura, di convincere la massa che si è di fronte ad un pericolo concreto ed imminente; l’orgia di slogan a bassa qualità di contenuti, diramati ovunque e in modo martellante e sistematico, hanno il preciso compito di assuefare la massa e di farla ballare al ritmo della stessa musica orchestrata da più direttori d’orchestra. “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”: è la citazione attribuita a Joseph Goebbels. L’insistenza con la quale si propaganda il catastrofismo climatico annienta il pensiero critico e distorce la percezione della realtà, al punto che qualsiasi evento viene ricondotto acriticamente alla questione climatica: i disastri da eventi estremi vengono imputati al clima piuttosto che al deforestamento, alla cementificazione, alla modificazione estrema dell’ambiente e alle operazioni di geoingegneria terrestre e atmosferica [1].
L’anidride carbonica diventa il nemico; ce lo ricordano in coro i fautori dell’ambientalismo catastrofista, col preciso intento di annichilire l’essere umano e di colpevolizzarlo, indicandolo quale fautore del cambiamento climatico, inducendolo così ad assecondare la distruzione e la riprogettazione della Natura e al contempo a credere che sia questo il modo di salvarla. Dal pericolo di alluvioni a quello della siccità, passando per l’innalzamento dei mari, la catastrofe è sempre dietro l’angolo: lo dice la Scienza, lo dice l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), lo ripetono i centri di potere governativi e non governativi ed infine lo strillano le manovalanze eco-fluide.
L’IPCC, voluto dall’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente), dal WMO (Organizzazione meteorologica mondiale) e dal filantropo petroliere Maurice Strong, è il braccio armato scientifico dogmatico della narrazione climatica. I rapporti IPCC vengono citati ovunque e da chiunque parli di emergenza climatica: l’IPCC diventa a tutti gli effetti un marchio di garanzia teorica, perché nella pratica, i rapporti prodotti dagli “esperti” sono il risultato di modelli matematici computerizzati fallaci e parziali, basati su simulazioni del comportamento fisico e chimico dell’atmosfera, escludendo, anche se con eccezioni, gli scienziati del sole, delle nuvole, gli idrologi-oceanografi ed i biologi: studiosi che potrebbero contribuire all’analisi dei cambiamenti climatici, e che sono generalmente dubbiosi sui risultati dei modelli e sul fatto che siano le attività umane ad influenzare in modo rilevante il clima globale [2]. In più occasioni è stato accusato di produrre scenari completamente diversi dalle osservazioni reali [3]: questo significa che il riscaldamento climatico globale – che diventa “cambiamento” a piacimento- convince il mondo a vivere la realtà virtuale di una imminente catastrofe planetaria che però non si verifica e quindi si sposta in avanti la data. L’IPCC si è distinto per una serie di “errori” e di scandali che avrebbero dovuto minarne la credibilità. Si pensi, per esempio, all’utilizzo del grafico con “curva a mazza da hockey”, che ha fatto scomparire il periodo caldo medioevale, così come quello romano e quello dell’Olocene e pure la piccola era glaciale (1550-1850), grafico adottato nella stesura di diversi rapporti per dimostrare che quello attuale è il periodo più caldo di sempre.
Nel IV rapporto del 2007, l’IPCC ha previsto un drammatico ritiro dei ghiacciai Himalayani entro il 2035, e solo a seguito di una indagine è stato scoperto che quella data era stata presa a prestito da un rapporto del WWF e che studi più seri rimandavano il pericolo al 2350. E’ l’ideologia della “cancel culture” applicata alla storia del pianeta: la “cancel culture” così come si ripromette di manipolare e recidere la memoria storica che ha forgiato l’evoluzione della società umana, affinché non vi sia più nessuna comprensione e continuità con essa, allo stesso modo nega la storia della Terra e dei suoi eventi ciclici del passato, i cicli di riscaldamento e di raffreddamento del pianeta verificatisi indipendentemente dall’impatto umano. L’IPCC e l’industria climatica ibridano una scienza perversa con la politica l’economia e la finanza, al fine di apportare cambiamenti epocali di natura antropologica, ma anche politica economica e sociale. La macchina del fango travolge chi non si allinea alla narrazione emergenziale, mentre vengono omessi o minimizzati“gli errori” degli “esperti ufficiali”.
Soffocare il dissenso diventa indispensabile per far si che sopravviva una sola parte della storia, quella scritta dalla narrazione “ufficiale”, alla quale bisogna aderire acriticamente. La tesi del riscaldamento globale di origine antropica rimane blindata in una unica narrazione, dalla quale attingono esperti da salotto televisivo come i vari Mercalli e Tozzi, che possono parlare ad oltranza senza contraddittorio, perché coloro che sono critici rispetto al “catastrofismo climatico” sono stati esiliati nel mondo del negazionismo e del complottismo insieme ai no-vax e ai no-war.
I rapporti dell’IPCC enunciano scenari dati per certi, come se il pianeta non rispondesse più ad una sua natura organica, con i suoi ritmi inalienabili, “casuali” ed imprevedibili, bensì ad un insieme di calcoli, di congetture e di parametri inconfutabili.
Rosalie Bertell ci ricorda che la Terra è un organismo in armonia con l’Universo, “dialoga” con gli altri Pianeti, influenza ed è influenzato dal sole e dalla luna. “Oltre quattro miliardi di anni fa il pianeta Terra fu formato. Né troppo vicino, né troppo lontano dal nostro sole, in modo che la temperatura fosse quella giusta per la vita” [4]. Il clima che cambia indipendentemente dall’attività umana è un segnale di vitalità della Terra, sarebbe preoccupante il contrario. Invece, secondo l’IPCC, la Terra e il suo clima dovrebbero essere gestiti come un macchinario sul quale fare manutenzione a breve, medio e lungo termine. La natura terrestre con tutta la sua complessità e i suoi misteri viene declassata a sistema matematico computerizzato e in modo imperativo si afferma la necessità di contenere le temperature per “stabilizzare il clima”. Si tratta di obbiettivi sinistri che mascherano l’inquietante intenzione di governare il clima artificialmente e di ufficializzare la geoingegneria atmosferica.
Non è un caso che il rapporto IPCC pubblicato nel 2013 includesse gli studi del geoingegnere Alan Robock e che a febbraio 2023 l’UNEP pubblicasse un rapporto sulle tecnologie in grado di raffreddare il pianeta, stilato da ricercatori “indipendenti”, tra i quali spicca il nome di Ken Caldeira, il noto geoingegnere a libro paga di Bill Gates. La CO2 non è un inquinante: le molecole di CO2 di origine naturale e di origine antropica sono uguali e indistinguibili per l’atmosfera. L’anidride carbonica è indispensabile per la sopravvivenza della vita sulla terra, incrementa la fotosintesi e la crescita delle piante, questo spiega perché i periodi storici caratterizzati da un’elevata concentrazione di CO2 hanno coinciso con l’aumento della vegetazione.
Nell’immaginario collettivo si è radicata la convinzione che l’aria sia satura di CO2 di origine antropica, ma la realtà è ben diversa perché ad oggi, l’anidride carbonica emessa dall’uomo è una piccolissima parte rispetto a quella che proviene naturalmente dagli oceani e dalla terra ferma. E’ inverosimile che sia proprio quella piccola parte di emissioni antropogeniche a minacciare il pianeta. Con la scusa di combattere la CO2, il sistema dei crediti di carbonio, che finora riguardava la produzione industriale, si sta estendendo al singolo individuo. La macchina del controllo e della sorveglianza di massa, messa a punto con il green pass “venduto” ai più come strumento sanitario, si sta ripresentando (per il momento) a livello sperimentale, quale strumento per combattere il riscaldamento climatico.
Già nel 2006, David Miliband, l’allora Segretario di Stato inglese per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali dell’amministrazione Blair, aveva proposto l’introduzione di una “carta di credito del carbonio” destinata ad ogni cittadino britannico, da utilizzare, per esempio, quando si fa benzina, si prenota un aereo o si paga la bolletta energetica, ma i tempi non erano maturi e non se ne fece niente.
Poi, nel 2019, la start-up svedese Doconomy, in collaborazione con Mastercard e con il benestare dell’ONU e del WEF, crea la prima “carta di credito del carbonio”, che associa ai beni e ai servizi acquistati dal suo proprietario un determinato quantitativo di emissioni di CO2 e provvede a bloccarne i consumi, superata una certa soglia. “L’obiettivo è incoraggiare le persone a ridurre attivamente la propria impronta di carbonio e dimostrare l’impatto che piccoli cambiamenti possono avere sull’ambiente”. L’esperimento del tracciamento del consumo di CO2 è stato esteso ad altri Paesi.
Il grado di adesione a questi nuovi strumenti di controllo sono proporzionali al grado di assuefazione degli individui alle emergenze perpetue e alla “comodità” digitale. Con la scusa della riduzione della CO2, l’introduzione di un tale strumento comporta una svolta epocale negli stili di vita e l’indottrinamento forzato verso tutto ciò che sarà etichettato “eco-sostenibile”, indipendentemente che lo sia veramente. Insetti, carne e verdura sintetiche diventeranno scelte obbligate, da preferire ai cibi tradizionali e biologici, pena il blocco della carta.
L’Unione Europea ha stabilito l’obsolescenza forzata per auto e abitazioni che non saranno conformi agli standard “eco sostenibili” fissati per il 2035. Le abitazioni saranno sottoposte all’obbligo di “ecologizzazione” forzata: nel nome della lotta al riscaldamento climatico, le case diventano degli spazi domotici intelligenti,“incappottati” con il polistirolo per far loro assumere un’estetica in sintonia con i presupposti della città intelligente: le abitazioni ristrutturate diventano dei cubi grigi, asettici, pressoché identici gli uni agli altri, sintomo di una società eterodiretta verso il monogusto.
Si va verso il livellamento dell’umanità dal punto di vista sociale, politico ed economico. La lotta alle emissioni di CO2 diventa il pretesto per la piena realizzazione della smart city e per l’adattamento del cittadino/utente al suo interno. Con il fantomatico obiettivo “zero emissioni” si sta conducendo il gregge umano dentro un recinto digitalmente perfetto, misurato e razionalizzato. Nelle città intelligenti gli individui saranno gestiti dagli algoritmi e dall’IA, spiati e sorvegliati fuori e dentro i loro corpi da sensori sempre più invasivi, fino ad ibridarsi con essi nella piena realizzazione del corpo-macchina. La città intelligente sarà green, completamente elettrificata e razionalizzata nella gestione delle risorse, come nell’agricoltura di precisione e nell’Allevamento o Zootecnia 4.0.
Anziché salvare gli animali dall’industrializzazione dello sfruttamento, la mandria umana si sta lasciando gestire attraverso una nuova forma di sfruttamento tecnoscentifico e secondo un nuovo modello di zootecnia (post)umana.
Man mano che la tecnologia diventa sempre più invasiva, si sposta in avanti l’asticella dell’accettazione alla tracciabilità, in una sorta di assuefazione totale alla comodità digitale. E’ fondamentale riprendersi dallo stordimento tecnologico: fissare dei limiti invalicabili al potere della tecnica segnerà lo spartiacque tra quella parte di umanità che si oppone alla digitalizzazione dell’esistenza e quella parte che, invece, da questo potere si lascerà ingenuamente sedurre a tempo indeterminato.
Il WEF e la Commissione Europea stanno spingendo verso l’implementazione della realtà virtuale e aumentata, soprattutto per i più giovani. Già nel 2019 Jeremy Rifkin auspicava “una nuova generazione di nativi digitali che frequenta tramite Skype le lezioni di scuole globali, interagisce su Facebook e Instagram, gioca in mondi virtuali” [5].
Il sogno di Rifkin di relegare i giovani nel mondo virtuale per empatizzare con le specie minacciate sulla base “della comune tragica condizione su una terra in via di destabilizzazione” è la delirante visione di chi disprezza la natura umana fingendo di salvare il mondo. Secondo l’elite tecnocratica, il mondo virtuale dovrebbe essere accolto come un luogo sicuro dai pericoli del clima che cambia, il rifugio in un ecosistema artificiale per salvare gli ecosistemi naturali evitando di emettere CO2. L’essere umano, fin dall’infanzia, diventa materia prima da plasmare, viene allevato secondo la cultura della resilienza, deve essere pronto a varcare i confini del mondo reale e a sconfinare nel mondo virtuale, fino ad ibridarsi con esso. L’individuo che accede al mondo virtuale e simpatizza con esso assume le sembianze di un automa: perde gradatamente pezzi di umanità insieme ai pezzi di vita reale. La transizione ecologico/digitale fissa le scadenze entro le quali la massa deve cedere quote di libertà e di autonomia, deve cedere ai ricatti cadenzati su abitazioni e auto, rassegnarsi all’impoverimento coatto e al metaverso come unica via di “salvezza”.
La CO2 è il nemico e l’umanità è colpevole di rilasciarla in atmosfera.
Persuadere il mondo intero che la sostanza che l’umano espira e che le piante respirano sia responsabile della imminente “sesta estinzione” ha richiesto un notevole impegno e anni di lavoro “chirurgico”, portato avanti da elite private e pubbliche aderenti all’ideologia maltusiana e tecnocratica di gestire l’umanità.
Dagli anni ‘70 in poi, con il fondamentale contributo del Club di Roma fondato nel 1968 da una circoscritta casta di industriali, scienziati e aristocratici, l’ideologia del catastrofismo e l’accusa alla popolazione mondiale di essere responsabile del collasso climatico vengono tramandati dalle note COP (Conferenze delle Parti), dalla Carta della Terra e da incontri e accordi internazionali meno noti ma non meno influenti, con il preciso obbiettivo di rafforzare la governance globale elitaria e tecnocratica dei centri di potere e dei vari filantropi come i Rockefeller, Strong e Gates, da sempre impegnati nell’attuazione di politiche volte alla riduzione della popolazione e favorevoli al modello cinese di gestione dell’umanità.
Mentre si continua a demonizzare la CO2 quale responsabile del riscaldamento globale, si tace sull’avvelenamento dell’aria dell’acqua e del suolo di sostanze chimiche, tossiche cancerogene e radioattive, molte delle quali provenienti dal settore militare e poi prodotte anche per uso civile.
C’è una responsabilità umana nella depredazione, nella cementificazione, nel sistema industriale predatorio, nello sfruttamento degli animali e delle piante, e nell’inquinamento elettromagnetico.
Lo scorso 17 gennaio 2023 è andato in scena l’arresto cinematografico di Greta Thunberg durante le proteste in Germania contro lo sgombero di Luetzerath, il paese che sarà raso al suolo per ampliare la miniera di carbone del colosso energetico RWE, già responsabile negli anni passati dell’abbattimento della foresta primaria di Hambach e dello sgombero di diversi paesi limitrofi per aprire la miniera di lignite, il carbone fossile utilizzato per la produzione di elettricità. Cosa faranno gli eco/digitali quando si comincerà a disboscare, a sfregiare la Terra, a riversare nel terreno e nelle acque sostanze altamente inquinanti e ad utilizzare grandi quantità di acqua per l’estrazione del litio e di tutti gli altri elementi indispensabili alla transizione eco/digitale?
Al momento nessuna voce “ecologista” ha rotto il silenzio e si è opposta ad un tale ecocidio.
Le multinazionali minerarie, appoggiate da tutto il sistema politico, economico e finanziario dei paesi occidentali, stanno sondando tutte le aree del pianeta in odore del nuovo oro nero, abissi marini compresi. Con l’obbiettivo di setacciare la terra a caccia di cobalto, nichel, rame e litio, indispensabili per elettrificare il pianeta, gli immancabili filantropi Bill Gates, Jeff Bezos, Michael Bloomberg e Richard Branson, con la collaborazione delle società minerarie Rio Tinto e BHP, che figurano tra i più grandi devastatori della terra e ironicamente tra le prime 50 società con le maggiori emissioni al mondo, hanno fondato la società mineraria KoBoldMetals, intenzionata a rilevare tutte le riserve mondiali di questi metalli, attraverso l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.
Ogni area del globo dovrà essere sacrificata sull’altare della transizione ecologico-digitale, sia in ambito civile che militare, con buona pace della galassia “ecologista”, distratta nella lotta all’anidride carbonica. Sono tanti, tantissimi gli elementi indispensabili per la costruzione degli aberranti parchi eolici, dei pannelli fotovoltaici, delle auto elettriche, dei device digitali, dei satelliti che quotidianamente vengono sparati nello spazio, e di armi sempre più letali.
La spinta verso la smaterializzazione e la virtualizzazione della realtà ha un impatto ecologico drammaticamente materiale, ma che viene prontamente occultato affinché l’ignoranza abbondi nella testa degli ecologisti 4.0.
Nessun grido d’allarme dai fondamentalisti della green economy: le maggiori associazioni ambientaliste e i guru del neoecologismo smart professano il silenzio o al massimo accennano dei moniti che si perdono tempestivamente nel marasma entusiastico del green new deal.
Mentre sulle passerelle internazionali i grandi della Terra sfilano riempiendosi la bocca di slogan artefatti, a porte chiuse decidono il destino dell’umanità e del pianeta. Il vero volto della “sostenibilità” eco/digitale è quello degli smartphone, dei tablet e di tutte le apparecchiature digitali che transitano dalle nostre mani e dalle nostre case alle discariche di tutto il mondo. Montagne di rifiuti tecnologici tossici e radioattivi spesso vengono destinati ai paesi più poveri, l’ultimo anello della transizione eco/digitale. L’ebete euforia dell’industria “ambientalista” per le pale eoliche si scontra con la realtà fatta dei materiali necessari per costruirle: dalle migliaia di tonnellate di calcestruzzo, alluminio rame e acciaio ai famigerati metalli rari. I giganteschi ecomostri eolici invadono la Natura, infastidiscono e uccidono la fauna, sfregiano i borghi storici e offendono l’arte e la bellezza: la rivoluzione green serve a difendere l’alta finanza, le grandi multinazionali e le banche d’affari. Secondo la neolingua eco-orwelliana, il nucleare civile e militare di ultima generazione diventeranno “sostenibili”. Mentre si dismettono le centrali di “vecchia generazione” e si contrae strategicamente la disponibilità di energia, i filantropi e le loro start up stanno finanziando progetti per il nucleare “buono” di ultima generazione. Si sta allenando l’opinione pubblica a prendere confidenza con la bontà del nucleare civile e militare di ultima generazione, che in un prossimo futuro potrebbe essere proposto con la scusa di contrastare l’emergenza climatica.
È bene non sottovalutare quanto l’ambizione tecnocratica abbia, fin dal passato, sempre sostenuto l’energia dell’atomo per trasformare il “sistema Terra”: nel 1906 il chimico Frederick Soddy sognava di sciogliere le calotte glaciali e fare fiorire i deserti, l’eugenista Julian Huxley, qualche mese dopo Hiroshima e Nagasaki, davanti al pubblico americano celebrò il potere dell’atomo e la necessità di costruire un governo mondiale per gestirlo, ed infine nel 1976 Edward Teller, padre della bomba H, propose di risolvere il problema della siccità californiana facendo ricorso a delle esplosioni nucleari in atmosfera.
Nonostante dalla fine degli anni ‘50, si sia cominciato a perturbare lo spazio facendo esplodere migliaia di bombe nucleari, che hanno danneggiato gravemente la ionosfera, le fasce di Van Allen e lo strato di ozono, è stata attribuita la responsabilità di tali danni all’abitudine umana di consumare prodotti contenenti CFC (clorofluorocarburi).
Ad oggi l’inganno continua: mentre si accusa l’umanità di emettere CO2, Musk, Bezos e la nuova generazione di eco-transumanisti lanciano migliaia di satelliti 5G che danneggiano lo strato di ozono, inquinano i cieli e irradiano la Terra. Inoltre ibridano la loro tecnologia civile con quella militare, così come in passato sono avanzate armi belliche elettromagnetiche (HAARP) spacciate per tecnologie civili.
La transizione ecologica, in realtà, è una rivoluzione tecnologica spietata che abolisce la Natura.
Il regime tecnoscientifico “costruisce” la Natura 4.0, la natura intelligente: la carne sintetica, il pomodoro viola, la foresta intelligente, le piante resistenti ai cambiamenti climatici, sono solo alcuni esempi di come si attua la manipolazione della vita, presa in carico dagli “scultori dell’evoluzione”, che dopo essersi fatti la gavetta nel modellare piccole fette di Natura nei laboratori di ricerca, ora sono pronti a trasformare la Natura intera.
L’ingegnerizzazione della Natura non risparmia nemmeno i cieli, perché con la scusa della lotta alla CO2 e al riscaldamento/cambiamento climatico si implementeranno le tecniche di manipolazione dell’atmosfera, della terra e degli oceani. La geoingegneria atmosferica è già in azione a livello locale e per un periodo di tempo limitato, ma l’obbiettivo sarà quello di arrivare al pieno controllo del clima globale, come parte del controllo totale della vita.
Il Pianeta intelligente sarà, in realtà, il Pianeta Ingegnerizzato così caro al geoingegnere Alan Robock e al resto della geocricca, avvolto da velature che sbiancano il cielo, smorzano la luce del sole e uniformano la temperatura terrestre.
La Conferenza sull’acqua tenuta dall’ONU a marzo 2023 ha ufficializzato la nuova “emergenza” idrica. Sarà l’ennesima strategia per accentrare la gestione e imporre razionamenti.
Ma allora, se l’anidride carbonica, la luce e l’acqua, che sono tre elementi fondamentali della vita, cadono anch’essi nelle mani dei padroni universali, cosa ne sarà di noi e della vita sulla Terra?
Cristiana Pivetti, www.cristianapivetti.org
Maggio 2023
Pubblicato in L’Urlo della Terra, numero 11, Luglio 2023
Note:
1.https://www.nogeoingegneria.com/news/lagenzia-meteorologica-spagnola-aemet-afferma-che-piu-di-50-paesi-sono-impegnati-in-attivita-di-modificazione-artificiale-del-tempo/
2.https://clintel.org/
3.https://clintel.org/
4.Rosalie Bertell, Pianeta Terra L’Ultima arma di guerra Asterios Editore, 2018, pag. 27.
5.Jeremy Rifkin, Green new deal, Oscar Mondadori, 2021, pag. 221.
FONTE https://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/inganno-climatico-e-fanatismo-anti-ecologista-dalla-narrazione-climatica-allingegnerizzazione-della-vita/
VEDI ANCHE L’INTERVENTO DI CRISTIANA PIVETTI durante la conferenza
“COSTRUIRE EMERGENZE PER GOVERNARE IL MONDO”
15 OTTOBRE MILANO: COSTRUIRE EMERGENZE PER GOVERNARE IL MONDO
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