ERUZIONI VULCANICHE CONTROLLATE PER MODIFICARE IL CLIMA

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” Gli interventi in campo atmosferico e climatico . . . si svolgeranno su una scala difficile da immaginare al momento. . . . si fonderanno con gli affari di ogni nazione con quelli di ogni altra, più profondamente di quanto farebbe la minaccia di una guerra nucleare o di qualsiasi altra guerra”. J. von Neumann (1955)

Il seguente articolo contiene alcune tappe importanti che indicano gli sforzi per poter cambiare e manipolare il tempo e il clima per intero. Questo elenco può essere approfondito in dettaglio, questi fatti sono per lo più già stati presentati su questo sito, così come ulteriori progetti e realtà che sono ignorati dal pubblico. 

 

Progetti di modifica del clima

Traduzione a cura di Nogeoingegneria

Se le attività umane possono cambiare il clima, perché non cambiarlo di proposito, per adeguarlo meglio a noi? Dal 1945 agli anni ’70, molti sforzi sono stati fatti negli studi sulla modifica del clima (vedi qui https://www.nsf.gov/nsb/publications/1965/nsb1265.pdf).  Degli imprenditori americani provarono a inseminare le nuvole per aumentare le precipitazioni locali, degli scienziati russi proponevano favolosi progetti di ingegneria planetaria, e le agenzie militari esplorarono segretamente la “guerra climatologica”. Speranze e timori hanno incentivato la ricerca di base sui cambiamenti climatici, con la raccolta di grandi somme di denaro da parte del governo e con alcune idee provocatorie. A metà degli anni ’70 i progetti fantasiosi furono per lo più abbandonati (ndr dicono). La ricerca si concentrò invece sui controversi schemi di “geoingegneria” per interventi che hanno la funzione di frenare il riscaldamento globale se questo iniziasse a diventare insopportabile.

Alla fine della seconda guerra mondiale, alcuni scienziati americani hanno avanzato un’idea inquietante. Se era vero, come alcuni sostenevano, che gli esseri umani stavano inavvertitamente cambiando il meteo locale tagliando le foreste ed emettendo inquinamento (ndr vedi test nucleari), perché non provare a modificare il tempo di proposito? Per generazioni c’erano state proposte per creare la pioggia, basate sul folkloristico come la storia che le cannonate delle grandi battaglie portavano la pioggia. Ora i massimi esperti cominciarono a prendere sul serio la questione. Forse furono ispirati dai poteri tecnici quasi inimmaginabili dimostrati con le gigantesche flotte di bombardieri della guerra e l’avvento delle armi nucleari (ndr vedi anche). Qualunque sia stato l’impulso, alla fine del 1945 un brillante matematico, John von Neumann, chiamò altri importanti scienziati a una riunione a Princeton, dove concordarono che modificare deliberatamente il tempo poteva essere possibile. Si aspettavano che questo potesse fare una grande differenza nella prossima guerra. I raccolti sovietici, per esempio, potrebbero essere rovinati creando una siccità. Alcuni scienziati sospettavano che parallelamente alla corsa con l’Unione Sovietica per armi nucleari sempre più terribili, stavano entrando in una corsa altrettanto pericolosa per controllare il tempo.

Con l’inizio della Guerra Fredda, le agenzie militari statunitensi dedicarono fondi significativi alla ricerca su quella che venne chiamata “climatological warfare – guerra climatologica” (2). Gran parte di tutto questo si nascondeva dietro ad un sipario di segretezza, anche se furono pubblicati abbastanza accenni per consentire ai membri più attenti del pubblico a vedere che la manipolazione antropica del clima poteva diventare un problema serio. Per scienziati come von Neumann, l’obiettivo principale della ricerca era chiaro: la nazione aveva bisogno di una modellazione computerizzata dei sistemi meteorologici. Perché la difficoltà principale nel capire come cambiare il clima stava nel prevedere proprio come l’atmosfera avrebbe potuto rispondere ad un dato tipo di intervento. L’unica speranza per rispondere a questo ( oltre a provarlo) era con i modelli di computer.

Nel frattempo, decisamente più evidente, il noto scienziato Irving Langmuir e i suoi collaboratori della società General Electric stavano esplorando una nuova proposta per la produzione di pioggia. La loro idea era quella di ” inseminare” le nuvole con un fumo di particelle, ad esempio cristalli di ioduro d’argento, che potevano agire come nuclei per la formazione di gocce di pioggia. Langmuir ottenne rapidamente il sostegno delle agenzie militari e dichiarò il successo degli esperimenti sul campo. Una piccola ma energica industria di “seminatori di nuvole” commerciali nacque con affermazioni ancora più ottimistiche. Le controversie seguirono, polarizzando gli scienziati, appassionando il pubblico e catturando l’attenzione dei politici. Non appena qualche regione tentava di portare la pioggia sulle proprie terre, la gente che stava nelle vicinanze si rivolgeva ad avvocati per sostenere che era stata derubata delle proprie precipitazioni. La preoccupazione salì fino agli alti livelli governativi, e nel 1953 fu istituito un Comitato Consultivo del Presidente sul Controllo del Tempo per sostenere il progetto. Nel 1958, il Congresso degli Stati Uniti agì direttamente per finanziare la ricerca sulla pioggia. Sperimentazioni su larga scala erano già in corso, meno apertamente, nell’Unione Sovietica.(3)

Le agenzie militari negli Stati Uniti (e presumibilmente nell’Unione Sovietica) appoggiavano non solo la ricerca relativa al cloud seeding, ma anche ad altri modi con cui inserire materiali nell’atmosfera poteva alterare il tempo. Anche se molto di questo è stato coperto dalla segretezza, la gente ha appreso che la guerra climatologica potrebbe diventare possibile. In un articolo della rivista Fortune del 1955, lo stesso von Neumann spiegò che “strati microscopici di materia colorata sparsi su una superficie ghiacciata, o nell’atmosfera sopra di essa, potrebbero inibire il processo di riflessione-radiazione, sciogliere il ghiaccio e cambiare il clima locale”. Gli effetti potrebbero essere di vasta portata, anche a livello mondiale. ” Si può immaginare quale potere sul nostro ambiente, su tutta la natura!”, avrebbe esclamato. Von Neumann prevedeva “forme di guerra climatica ancora inimmaginate”, forse più pericolose della stessa guerra nucleare. Sperava che questo avrebbe costretto l’umanità ad adottare un nuovo approccio globale ai suoi problemi politici.(4)

Per tutti gli anni ’60, i progetti di cloud seeding e altri approcci sono rimasti attivi e controversi. Una revisione da parte dell’Accademia Nazionale delle Scienze ha provvisoriamente sostenuto le rivendicazioni di successo. Le agenzie governative lanciarono programmi concorrenti e realizzarono diverse sperimentazioni sul campo su larga scala.

I costosi programmi di ricerca erano costantemente in procinto di provare qualcosa, ma non ottennero mai risultati veramente convincenti (ndr i danni collaterali erano senz’altro un problema). Molti meteorologi accademici arrivarono a disprezzare l’intero soggetto, infestato com’era da promesse non mantenute e da imbroglioni commerciali.(5) Nonostante queste perplessità, il governo degli Stati Uniti spendeva più di venti milioni di dollari all’anno nella ricerca sulla modificazione del tempo nei primi anni ’70.

L’Unione Sovietica era determinata a non essere lasciata indietro in nessuna tecnologia ambiziosa. Poco si sa di quali studi i sovietici intrapresero riguardo alla guerra climatologica, ma alcune idee innovative divennero pubbliche. Un punto di partenza era l’eredità russa di fantasie di ingegneria idraulica, in particolare un vecchio schema per deviare i fiumi siberiani. Perché non utilizzare l’acqua che si riversa inutilmente nell’Oceano Artico e mandarla a sud per trasformare i terreni aridi dell’Asia centrale in terreni agricoli? Questi piani furono riportati nei primi anni ’50, catturando l’attenzione del pubblico e degli scienziati in Occidente, anche se sarebbe passato un decennio prima che gli scienziati sovietici esaminassero i dettagli in pubblicazioni aperte.

Questi scienziati fecero notare che la deviazione dell’acqua dolce avrebbe reso gli strati superficiali dell’Oceano Artico più salati. Di conseguenza, gran parte del manto di ghiaccio non si formerebbe in inverno. Ma questo non significherebbe un aumento del calore, una manna per i siberiani? Alcuni meteorologi russi criticarono il progetto, anche se le autorità comuniste disapprovavano chiunque mettesse in dubbio i potenziali trionfi dell’ingegneria. O.A. Drudo, in particolare, ha usato le registrazioni meteorologiche per verificare empiricamente cosa potrebbe accadere intorno all’Artico in anni di meno ghiaccio, e ha segnalato che ci sono stati gravi cambiamenti nelle precipitazioni. (ndr vedi anche qui)

Un progetto ancora più gigantesco mirava direttamente al clima. Intorno al 1956, gli ingegneri sovietici cominciarono a speculare sul fatto che avrebbero potuto costruire una diga attraverso lo stretto di Bering e pompare acqua dall’Oceano Artico nel Pacifico. Questo attirerebbe acqua calda dall’Atlantico. Il loro scopo era quello di eliminare il manto di ghiaccio, rendere l’Oceano Artico navigabile e riscaldare la Siberia. L’idea attirò una certa attenzione negli Stati Uniti – il candidato presidenziale John F. Kennedy osservò che valeva la pena esplorare l’idea come progetto comune con i sovietici, e la discussione continuò negli anni ’70. Tali giganteschi progetti di ingegneria erano in linea con il tradizionale ottimismo tecnologico americano, e ancora di più con il dogma comunista che “l’uomo può davvero essere il padrone di questo pianeta”. Come diceva il titolo di una pubblicazione russa entusiasta, il problema era “L’uomo contro il clima”. Tuttavia, era difficile dire se progetti giganteschi come la diga di Bering avessero una logica. (ndr vedi qui) Mikhail I. Budyko, il più importante esperto russo di clima, sottolineava che gli effetti di tali interventi sarebbero stati imprevedibili, e li sconsigliava.(6)

Uno schema più fattibile sarebbe quello di spargere particelle nell’atmosfera, o forse direttamente sul terreno. A partire dal 1961, Budyko e altri scienziati specularono su come l’umanità avrebbe potuto alterare il clima globale spargendo polvere scura o fuliggine sulla neve e sul ghiaccio dell’Artico.(ndr vedi qui) La fuliggine abbasserebbe l’albedo ( la riflessione della luce solare), e l’aria si scalderebbe.(7) Spargere così tanta polvere annualmente sarebbe estremamente costoso. Ma secondo una teoria ben nota, l’aria più calda doveva sciogliere una parte della neve e del ghiaccio marino e quindi esporre il suolo scuro sottostante e l’acqua dell’oceano, che avrebbe assorbito la luce del sole e portato un maggiore riscaldamento. Quindi, una volta che la polvere aveva distrutto la copertura riflettente, questa non poteva riformarsi.

Gli scienziati russi non erano sicuri che questo sarebbe stato saggio, e gli scienziati altrove si mostravano ancora più scettici. Nel 1971 un gruppo di esperti americani affermò che “le misure intenzionali volte a provocare lo scioglimento dei ghiacci artici potrebbero avere successo e potrebbero rivelarsi difficili da invertire se avessero effetti collaterali indesiderati”(8*).

Secondo l’illustre esperto britannico del clima Hubert Lamb, era ” indispensabile aspettare fino a quando un sistema scientifico per prevedere il comportamento del clima naturale … viene sviluppata e gestita con successo almeno per cento anni”(9).

In quel periodo, i primi anni ’70, la percezione riguardo alle relazioni umane con l’ambiente naturale aveva subito un cambiamento storico. Molte tecnologie sembravano ora meno un trionfo del progresso civilizzato che perfide trasgressioni. Se era vero, come sostenevano alcuni scienziati, che le emissioni umane stavano inavvertitamente cambiando l’intero clima globale, il risultato principale sembrava essere la siccità e altre calamità.

In quanto ai tentativi deliberati di far piovere, se avessero successo (il che è ancora lontano dall’essere provato) probabilmente starebbero solo “rubando” la pioggia agli agricoltori che si trovano nelle vicinanze e che al loro posto l’avrebbero ottenuta. Tali progetti potrebbero persino danneggiare le stesse persone che hanno ottenuto la pioggia. Per esempio, un’operazione governativa del 1972 per la produzione di pioggia nel Sud Dakota fu seguita da una disastrosa inondazione, e fu oggetto di un’azione legale collettiva. Fu persino sparato contro un aereo per la insemina delle nuvole.

Un numero crescente di persone si opponeva per principio a qualsiasi interferenza con i processi naturali. L’idea di cambiare il tempo era passata da un sogno favorevole al progresso a un incubo di un rischio apocalittico. Tra il 1972 e il 1975 il governo degli Stati Uniti tagliò drasticamente il suo budget per la modificazione del tempo.(10) (I tentativi persistevano qua e là; per esempio, il governo cinese ha perseguito ampiamente la modificazione della pioggia all’inizio del 21° secolo). (ndr questo non vuol dire che non possa essere applicato in forma non ufficiale)

Nel frattempo il governo degli Stati Uniti aveva segretamente speso molti milioni di dollari in un grande esperimento di guerra climatologica vera e propria. Il Dipartimento della Difesa dirigeva un’estesa operazione di inseminazione delle nuvole sulla strada di Ho Chi Minh, sperando di aumentare le precipitazioni e impantanare nel fango la via dei rifornimenti dell’esercito nordvietnamita. Accenni al programma sono trapelati nel 1971, ma il pubblico non ha appreso la piena portata dello sforzo fino al 1974, due anni dopo il suo fallimento. Molte persone rimasero sconcertate quando seppero dell’esperimento. Seguirono una serie di risoluzioni, dal Senato degli Stati Uniti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che mettevano fuori legge la guerra climatologica. Questo movimento culminò in una convenzione internazionale del 1976 che prevedeva l’uso ostile di “tecniche di modificazione ambientale”(11).

Naturalmente stavamo già modificando l’atmosfera del mondo con quantità di aerosol inquinanti e gas serra molto al di là di qualsiasi cosa il più aggressivo bellicoso avesse immaginato. Se questo comportava un rischio di danneggiamento del clima, allora alcuni pensavano che fossimo obbligati a preparare un rimedio. Ora, quando gli scienziati discutevano di misure per sciogliere le nevi artiche o simili, non era per creare un meteo utopico, ma con gli obiettivi insiti anche nel titolo che Lamb diede a un articolo di revisione del 1971: “Schemi di ingegneria climatica per affrontare un’emergenza climatica”(12).

Già nel 1965, un comitato consultivo presidenziale aveva suggerito che se il riscaldamento dovuto all’effetto serra, causato dall’anidride carbonica, fosse diventato un problema, il governo avrebbe potuto adottare misure compensative. Il comitato non prese in considerazione la riduzione dell’uso dei combustibili fossili. Avevano in mente quelli che più tardi furono chiamati schemi di “geoingegneria” – spargendo qualcosa sulle acque oceaniche per riflettere più luce solare, forse, o seminando particelle in alto nell’atmosfera per favorire la formazione di nuvole riflettenti. Alcuni calcoli a tavolino suggerivano che tali passi erano fattibili, e in effetti potevano costare meno di molti programmi governativi.(13) Nel 1974, Budyko calcolò che se il riscaldamento globale fosse mai diventato una seria minaccia, avremmo potuto contrastarlo con pochi voli aerei al giorno nella stratosfera, bruciando zolfo e producendo aerosol che avrebbero riflesso la luce solare.

Per alcuni anni, all’inizio degli anni ’70, nuove informazioni e argomenti portarono molti scienziati a sospettare che il rischio climatico maggiore non fosse il riscaldamento, ma il raffreddamento.(ndr vedi qui) Una nuova era glaciale sembrava avvicinarsi come parte del ciclo glaciale naturale, forse accelerato dall’inquinamento umano che bloccava la luce del sole. Alcuni ottimisti tecnologici hanno suggerito modi per contrastare anche questa minaccia. Si poteva spargere fuliggine dagli aerei da carico per oscurare le nevi artiche, o anche frantumare il pack di ghiaccio artico con esplosioni termonucleari “pulite”. 

Sia che si usi l’ingegno tecnologico contro il raffreddamento globale o contro il riscaldamento globale, Budyko ha sottolineato che qualsiasi azione cambierebbe il clima in modo differente per le diverse nazioni. I tentativi di modifica, ha insistito, “dovrebbero essere consentiti solo dopo che i progetti sono stati considerati e approvati da organizzazioni internazionali responsabili e hanno ricevuto il consenso di tutti i paesi interessati”. Le aspre lotte tra le comunità per la semina delle nuvole sarebbero niente in confronto ai conflitti per i tentativi di ingegnerizzare il clima globale. Inoltre, come Budyko e gli scienziati occidentali hanno avvertito, gli scienziati non possono prevedere le conseguenze di tali interventi di ingegneria. Forse potremmo prevenire il riscaldamento globale per poi scoprire che abbiamo scatenato una nuova era glaciale.(14)

Tali preoccupazioni hanno ravvivato l’interesse dell’esercito statunitense per il cambiamento climatico artificiale su scala globale. Un gruppo della RAND Corporation, un think tank della difesa vicino a Los Angeles, stava lavorando con un modello climatico computerizzato che aveva avuto origine all’Università della California, Los Angeles. Questa era una semplice ricerca scientifica, finanziata dalla civile National Science Foundation. Intorno al 1970, tuttavia, con gli oppositori della guerra del Vietnam che attaccavano tutto ciò che puzzava di militarismo, la NSF si tirò indietro dal finanziare il lavoro con evidenti connessioni militari. Il gruppo RAND dovette cercare di trovare sostegno altrove. Si rivolsero all’Advanced Research Projects Agency del Dipartimento della Difesa.

L’ARPA era nel frattempo alla ricerca di progetti di calcolo che potessero giustificare i fondi che aveva investito nel suo supercomputer ILLIAC. La minaccia degli schemi sovietici di ingegneria climatica forniva una motivazione plausibile. L’ARPA assegnò al progetto milioni di dollari, una classificazione segreta e un nome in codice, NILE BLUE. Il denaro sostenne una varietà di studi informatici su larga scala e persino alcuni lavori sui climi antichi. Non venne fuori nulla che avesse un evidente significato militare, ma i risultati del programma si dimostrarono utili per altri scienziati del clima. Dopo alcuni anni il programma fu smilitarizzato. La NSF ha assunto il finanziamento mentre il lavoro con il modello RAND è migrato all’Università dell’Oregon, dove ha contribuito agli studi sul riscaldamento globale.(15)

Mentre le preoccupazioni ambientali diventavano più diffuse e sofisticate, sia gli esperti che il pubblico richiedevano di adottare un approccio cauto a qualsiasi intervento. Un rapporto dell’Accademia del 1977 esaminava una varietà di grandi schemi che si potevano usare per ridurre il riscaldamento globale, se mai fosse diventato pericoloso – per esempio, piantare massicciamente foreste per assorbire il biossido di carbonio dall’atmosfera. Gli esperti non potevano raccogliere molto entusiasmo per nessuno di questi schemi. Il gruppo ha pensato che una svolta verso le risorse energetiche rinnovabili sembrava una soluzione più pratica.(16)

Ciononostante, la gente ha continuato a proporre progetti che avrebbero potuto essere perseguiti se il riscaldamento dell’effetto serra ci avesse reso abbastanza disperati. Per citare un’altra delle tante idee, si poteva raccogliere l’anidride carbonica prodotta dalle fornaci dove si bruciava il carbone, comprimerla in un liquido e iniettarla nelle profondità della Terra o negli oceani. Sembrava una fantasticheria da ingegnere, ma gli studi indicavano che poteva essere fatto a costi ragionevoli.(17)

Un’altra proposta fantasiosa ma forse fattibile era quella di fertilizzare tratti di oceani non trafficati con minerali in tracce. Negli anni ’90, calcoli e sperimentazioni sul campo suggerivano che un carico saltuario di composti di ferro poteva indurre massicce fioriture di plancton. Le creature avrebbero assorbito il carbonio e l’avrebbero portato sul fondo dell’oceano una volta morte. Tuttavia, gli scienziati non potevano essere sicuri che alla fine questo avrebbe davvero abbassato il totale dei gas serra nell’atmosfera.(18)

Decine di altri progetti per mitigare l’effetto serra sono stati pubblicati, che vanno da modesti miglioramenti pratici nei sistemi energetici (per esempio, lampadine a basso consumo) a visioni futuristiche (grandi specchi nello spazio per riflettere la luce del sole!) Quando una commissione dell’Accademia Nazionale delle Scienze si riunì nel 1991 per catalogare le opzioni, i membri entrarono in un lungo e serio dibattito sull’opportunità di includere le grandi idee della “geoingegneria”. Le speranze di una soluzione futura potrebbero semplicemente incoraggiare le persone ad evitare il lavoro di limitare le emissioni di gas serra? La commissione ha votato con riluttanza per includere ogni idea, in modo che i preparativi potessero iniziare nel caso in cui il clima si deteriorasse così tanto da rendere i passi radicali il male minore. Il loro problema fondamentale era quello che aveva tormentato la scienza del clima fin dall’inizio – se si spingeva verso questo sistema intricato, nessuno poteva dire con certezza quali sarebbero state le conseguenze finali.(19)

“La modificazione del tempo”, aveva scritto un partecipante nel 1974, “si basa su solidi principi fisici che non possono essere applicati con precisione nell’atmosfera aperta, perché numerosi processi interagiscono insieme in un modo difficile da prevedere“. Inoltre, i tentativi di cambiare il tempo “si sovrappongono a processi naturali che agiscono, forse indistinguibilmente, con un effetto uguale o contrario…. Perciò non dovrebbe sorprendere che la ricerca in materia di modificazione del tempo sia una storia di progressi dolorosamente lenti” (20). Lo stesso si potrebbe dire della ricerca sulla modificazione del clima.

Mentre i livelli di temperatura globale e di gas serra continuavano a salire di pari passo, il dibattito si trascinava, in gran parte sottaciuto rispetto al livello di consapevolezza del pubblico. Nel 1997 il noto esperto di bombe nucleari Edward Teller attirò una certa attenzione con un saggio sul Wall Street Journal, sostenendo che costerebbe solo un miliardo di dollari all’anno piazzare uno schermo solare nella stratosfera. Sosteneva che “se la politica del riscaldamento globale richiede che ‘qualcosa deve essere fatto'”, l’America dovrebbe dedicare la sua abilità tecnica a preparare una tale risposta. La maggior parte delle persone che hanno seguito il dibattito diffidavano di quel tipo di visione di alta tecnologia (che Teller rappresentava fin troppo bene, come principale promotore del progetto multimiliardario “Star Wars” che aveva fallito clamorosamente nell’inventare laser che potessero abbattere i missili balistici) (21).

Altri continuavano a insistere che il mondo doveva prepararsi a lanciare un’azione di emergenza, non si sa mai. Ma pochi erano disposti ad immergersi negli studi, e ancora meno volevano finanziarli.

Quando il mondo ha cominciato a soffrire visibilmente del riscaldamento globale, gli scienziati hanno rivisitato la questione. Nel 2004 un gruppo si è riunito in un simposio a Cambridge, in Inghilterra, per esaminare le possibilità di “Macroingegneria” climatica. Un’attenzione più ampia converse sulla questione nel 2006 dopo che Paul Crutzen, ampiamente rispettato per il suo lavoro sull’ozono, vincitore del premio Nobel, inviò all’importante rivista Climatic Change un articolo che chiedeva più ricerca sull’ingegneria climatica. “Data la risposta politica internazionale decisamente deludente” agli appelli per limitare le emissioni di gas serra, Crutzen ha sostenuto che tale ricerca non dovrebbe più essere “tabù”. La sua presentazione ha suscitato l’opposizione feroce di alcuni colleghi anziani, che hanno insistito sul fatto che sarebbe stato irresponsabile pubblicare l’articolo. Alla fine accettarono un compromesso che dava loro spazio per le controargomentazioni.

Supponiamo che il clima diventi così cattivo che qualche nazione insista nel lanciare un progetto di geoingegneria? Crutzen e i suoi sostenitori sostenevano che sarebbe stato meglio avere la ricerca a portata di mano in anticipo per indicare le vere possibilità e le insidie. Un altro rispettato scienziato senior del clima seguì con calcoli che riaffermavano che era economicamente fattibile diffondere particelle di solfato nella stratosfera per contrastare il riscaldamento. Eppure lo stesso Crutzen ha ammesso che c’era il rischio che le speranze di una soluzione tecnica a buon mercato sarebbero state usate “per giustificare politiche climatiche inadeguate.” (22*)

Negli anni successivi la speranza che la geoingegneria potesse risolvere il problema del riscaldamento globale fu effettivamente ripresa da persone che si opponevano alla regolamentazione governativa dei gas serra. Il dibattito divenne intenso.(23) Furono fondate due compagnie che proposero di fertilizzare gli oceani e di essere pagate per compensare le emissioni di carbonio altrove. Le prove in mare non riuscirono a dimostrare che i risultati sarebbero stati benefici, e scoppiarono battaglie legali, denunciando la mancanza di un quadro di diritto internazionale per affrontare tali iniziative. Non solo una singola nazione, ma anche un gruppo privato, potrebbe impegnarsi nell’ingegneria climatica. Nel 2008 un accordo internazionale dichiarò una moratoria sugli esperimenti di fertilizzazione oceanica su larga scala, ma la pressione per gli studi di ogni tipo persisteva.

La fertilizzazione dell’oceano era solo un approccio a quello che stava per essere chiamato “Cattura e stoccaggio del carbonio (CCS)”. Catturare l’anidride carbonica (CO2) quando viene emessa dalle centrali elettriche era probabilmente fattibile ad un costo di forse un quinto della produzione di energia della centrale. Il gas potrebbe essere immagazzinato nel sottosuolo o in profondità negli oceani, anche se sarebbe difficile garantire che vi rimanga. Il CCS potrebbe influenzare solo una frazione delle emissioni di CO2 e non toccare gli altri gas a effetto serra.

Inoltre, era tecnicamente possibile estrarre la CO2 dall’atmosfera stessa unendola al calcio o attraverso qualche altro processo chimico, o sequestrarla biologicamente attraverso la gestione delle foreste, dei terreni agricoli e simili. In effetti, l’impegno che le nazioni hanno preso nell’accordo di Parigi del 2015 di mantenere l’aumento della temperatura globale sotto i 2°C non potrebbe essere rispettato senza queste “emissioni negative”. Ciò significherebbe costruire sistemi industriali e agricoli sulla scala, diciamo, dell’intera industria globale del carbone, con grandi spese e utilizzando tecnologie non ancora sviluppate. Solo i più ottimisti immaginavano che questo sarebbe successo davvero. La ricerca è stata perseguita nella speranza di una svolta miracolosa, ma l’opzione ovviamente più efficiente sarebbe semplicemente produrre in primo luogo meno emissioni.

Qualsiasi sforzo di ingegneria climatica era destinato a produrre vincitori e vinti, come nelle vecchie lotte sui pluviometri che “rubano” le precipitazioni dalla gente che si trova vicino. Studi preliminari al computer hanno suggerito, per esempio, che la diffusione di solfati nell’atmosfera potrebbe arrestare il monsone asiatico. L’India e la Cina resterebbero a guardare mentre la siccità affama le loro popolazioni? Ancora più preoccupante, una volta che un programma di solfati o un intervento simile fosse iniziato, avrebbe dovuto continuare per secoli, a prescindere dal dissesto economico o dalle guerre. Perché se il programma si fermasse, le temperature globali scatterebbero ad un livello più alto con una velocità catastrofica. Come ha spiegato un team, “Le generazioni a venire dovrebbero convivere con il pericolo di questo scenario ‘Spada di Damocle’, la cui rapidità non ha precedenti nella storia geologica del clima”. La cosa più inquietante di tutte era la probabilità che ci sarebbero state conseguenze che nessuno aveva nemmeno immaginato. I modelli del computer, incaricati della fisica e della chimica dell’atmosfera mai viste su scala planetaria, potevano a malapena indovinare come un dato intervento avrebbe potuto cambiare i modelli meteorologici.

Alcuni degli scienziati che sostenevano la ricerca dell’ ingegneria climatica volevano essere preparati nel caso in cui i cambiamenti cataclismici costringessero ad un tentativo in extremis di salvare la civiltà. Altri si aspettavano che le loro scoperte avrebbero persuaso la gente che un intervento era troppo rischioso da intraprendere. In ogni caso, sarebbe stato molto più sicuro e più facile negoziare restrizioni sulle emissioni di gas serra ora che affrontare le ripercussioni internazionali di un intervento durante una crisi climatica.(24)

1. von Neumann (1955), p. 41 of reprint. BACK

2. For this and all the following see Fleming (2006)Fleming (2010)Hamblin (2013)Kwa (2001)Kwa (1994)Keith (2000), p. 252; Fleming (2007a), pp. 54-57; A. Spilhaus, interview by R. Doel, Nov. 1989, AIP. BACK

3. Lambright and Changnon (1989)Byers (1974); Soviet: Keith (2000), p. 250-51. BACK

4. von Neumann (1955), pp. 108, 151. BACK

5. National Academy of Sciences (1966)Lambright and Changnon (1989)Byers (1974)BACK

6. Lamb (1971)Lamb (1977), pp. 660-61; for Soviet and other conquest of nature ideology see Josephson (2002). I have not seen Lamb’s Russian-language references, which include: for diversion, Adabashev (1966)Drozdov (1966); for dam, Borisov (1962) ; Budyko (1962); inadvisable: Budyko (1977), pp. 237-38; for U.S. reaction, see e.g., National Academy of Sciences (1966), vol. 2, p. 61; for the whole story, Ponte (1976), pp. 220-29; Keith (2000), p. 251, quoting “master of this planet” from Rusin and Flit (1960)BACK

7. For discussion and references, see Lamb (1977), pp. 46, 660-61, 676, 797; I have not checked his Russian references, which include Budyko (1961)Budyko (1962)Rakipova (1966); 1966 Rakipova reports in English translation are cited by Sellers (1969). See Fleming (2010) p. 236-37. BACK

8. Donn and Shaw (1966) (without reference to Budyko); Fletcher (1966)Sellers (1969) however calculated a temperature rise of only 7°C if the ice pack were destroyed, probably insufficient to keep ice from re-forming; Wilson and Matthews (1971), quote p. 182. BACK

9. Lamb (1971), quote p. 95. BACK

10. Ponte (1976), pp. 156-58; Kwa (2001); on all the foregoing, Fleming (2006)BACK

11. For the public acknowledgment, see New York Times, May 19, 1974, p. 1, also Shapley (1974). Indications were already published in 1971 in a Jack Anderson column in the Washington Post, 18 March 1971, and in the “Pentagon Papers,” see Seymour Hersh, “Weather as a weapon of war,” New York Times, July 9, 1972, p. IV:3; for background and response, see Ponte (1976), ch. 11; Fleming (2006), pp. 13-14. Convention on the Prohibition of Military or any Other Hostile Use of Environmental Modification Techniques, UN Treaty Ser. 1108:151.See Harper (2017) for the US government and weather control 1950-1980 in general. BACK

12. Lamb (1971)BACK

13. President’s Science Advisory Committee (1965), estimated cost $500 million per year, p. 127; see National Academy of Sciences (1966), vol. 2, pp. 60-62. The term “geoengineering” may have first appeared in Marchetti (1977) but only became common in the 1990s. BACK

14. Budyko (1977), p. 240; Budyko and Korol (1975), p. 469; see Fleming (2010), pp. 241ff.; Landsberg (1970), p. 1268. He cites 1968-69 RAND Corp. reports by J.O. Fletcher; for spreading smog from supersonic transports, see Wilson and Matthews (1971), p. 9; a summary with warnings is Kellogg and Schneider (1974), pp. 169-70. BACK

15. Hecht and Tirpak (1995), p. 375; personal communication from John Perry, 2001, and Rapp (1970) . BACK

16. National Academy of Sciences (1977); for discussion of Academy reports, see Keith (2000)BACK

17. Notably Marchetti (1977)BACK

18. Coate et al. (1996)Chisholm (2000)BACK

19. Schneider (2001), p. 418; National Academy of Sciences (1992)BACK

20. Byers (1974), p. 3. BACK

21. Teller, “The Planet Needs a Sunscreen,” Oct. 17, 1997. Teller’s 2002 technical paper on the subject is hereBACK

22. Crutzen (2006); see the entire Climatic Change special issue on geoengineering, with commentaries by Cicerone, M.G. Lawrence and others (vol. 77 nos. 3-4, Aug. 2006). On Crutzen see the essay on other greenhouse gases. Sulfate calculations: Wigley (2006); a more recent calculation that “solar radiation management” would be easy and cheap:Smith and Wagner (2018). Press reports include Kerr (2006) and William J. Broad, New York Times, June 27, 2006. For the history see also Morton (2007)BACK

23. For example the best-selling Levitt and Dubner (2009) and a report issued by Lomborg’s center, Bickel and Lane (2009). Good discussions include Inman (2010)Blackstock and Long (2010)Keith et al. (2010), all three published in the same month. BACK

24. A good summary: Strong (2009). One computer model: Jones et al. (2010), see Eastham et al. (2021). Damocles: Brovkin et al. (2009), p. 255. For post-1965 history in general see Caldeira and Bala (2017). One broad overview of contemporary ideas on geoengineering is Boettcher and Schäfer (2017)BACK

25. Fleming (2007), p. 60. BACK

https://history.aip.org/climate/RainMake.htm

 

TERRA COME ARMA E GEOINGEGNERIA COME GUERRA

1998: AVVIARE LA GEOINGEGNERIA SEGRETAMENTE. UN NUOVO PROGETTO MANHATTAN

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