Traduzione NoGeoingegneria
L’esercito americano pensava di aver sgomberato il campo quando, il 9 luglio 1962, ha lanciato nello spazio, all’altezza di circa 400 chilometri, una bomba nucleare da 1,4 megatoni: i satelliti in orbita erano al sicuro fuori dalla portata dell’esplosione. Ma nei mesi che seguirono il test, chiamato Starfish Prime, i satelliti cominciarono uno dopo l’altro a dare problemi, compreso il primo satellite del mondo per le comunicazioni, Telstar. Si era verificato un effetto inatteso: gli elettroni ad alta energia, sparsi con i detriti radioattivi e intrappolati dal campo magnetico terrestre, stavano facendo saltare i circuiti elettronici e i pannelli solari dei satelliti.
Starfish Prime e test sovietici analoghi potrebbero essere liquidati come disavventure della Guerra Fredda, da non ripetere mai più. Dopotutto, quale Paese vorrebbe usare energia nucleare per inquinare lo spazio con particelle che potrebbero distruggere i propri satelliti, fondamentali per le comunicazioni, la navigazione e la sorveglianza?
Ma i progettisti militari temono che la Corea del Nord (ridere o piangere? N.d.T.) possa costituire un’eccezione: possiede armi nucleari, ma non un solo satellite funzionante tra le migliaia in orbita. Si riferiscono tranquillamente a un’esplosione orbitale a sorpresa come a una potenziale “Pearl Harbor dello spazio”.
E così, senza fanfare, gli scienziati della difesa stanno cercando di escogitare una cura. Tre esperimenti spaziali – uno ora in orbita e due pronti per il lancio nel 2021 – mirano a raccogliere dati su come drenare gli elettroni ad alta energia intrappolati dal campo magnetico terrestre in fasce di radiazioni che circondano il pianeta. Il processo, chiamato “bonifica delle cinture di radiazione” (RBR), avviene già naturalmente, quando le onde radio provenienti dallo spazio profondo o dalla Terra – dalle nostre stesse chiacchiere radio, per esempio, o emissioni di lampi – colpiscono elettroni nelle cinture di radiazione di Van Allen nella parte superiore dell’atmosfera, dove rilasciano rapidamente energia, spesso scatenando aurore boreali.
“Le precipitazioni naturali accadono di continuo“, dice Craig Rodger, fisico spaziale della University of Otago. Ma non sarebbe neanche lontanamente veloce a sufficienza da drenare le cinture di radiazioni nucleari, dove i flussi di elettroni possono essere milioni di volte superiore a quello delle cinture di Van Allen della Terra.
Gli scienziati hanno avuto un assaggio di una potenziale soluzione dalle sonde Van Allen della NASA, che sono state lanciate nel 2012 e sono entrate e uscite dalle fasce di radiazioni della Terra fino alla fine della missione la scorsa estate. Il lancio ha offerto un’immersione profonda nei processi di bonifica naturale, mostrando come le onde radio risuonano con gli elettroni ad alta energia, disperdendoli lungo le linee di campo magnetico e spazzandoli fuori dalle cinture. “Rispetto a 10 anni fa, sappiamo molto di più su queste interazioni tra onde e particelle”, dice Geoff Reeves, un fisico spaziale del Los Alamos National Laboratory.
Ora i ricercatori sono pronti a provare la bonifica artificiale, irradiando le onde radio nelle cinture. I fisici hanno testato usando le torri d’antenna a bassissima frequenza (VLF) della Marina degli Stati Uniti, potenti strutture usate per comunicare con i sottomarini, dice Dan Baker, direttore del Laboratorio di fisica atmosferica e spaziale alla University of Colorado, Boulder, e ricercatore capo per le sonde Van Allen. Le antenne del programma Ricerca Aurorale Attiva ad Alta Frequenza in Alaska e la parabola gigante dell’Osservatorio di Arecibo in Puerto Rico potrebbero anche essere arruolate per generare raggi radio “bonificanti”.
Una piattaforma RBR orbitante, più vicina all’obiettivo, potrebbe essere più efficace. Nel giugno 2019, l’Aeronautica Militare degli Stati Uniti ha lanciato quella che considera la più grande struttura non equipaggiata mai volata nello spazio: l’antenna a dipolo DSX. Lunga quasi quanto un campo di calcio americano, la missione primaria di DSX è quella di trasmettere onde VLF nelle cinture di Van Allen e misurare le particelle precipitanti con i rilevatori di bordo. “È un nuovo modo di sondare le cinture ed esplorare questioni basilari della fisica spaziale”, dice il principale ricercatore del progetto DSX, James McCollough dell’Air Force Research Laboratory.
Un team di scienziati del Los Alamos e del Goddard Space Flight Center della NASA sta conducendo un secondo esperimento di precipitazione conVLF. Per l’aprile 2021, il team ha in programma di lanciare un razzo sonda che trasporta il Beam Plasma Interactions Experiment, un mini–acceleratore che creerebbe un fascio di elettroni, che a sua volta genererebbe onde VLF in grado di spazzare le particelle. Reeves, che conduce l’esperimento, ritiene che l’acceleratore di elettroni compatto potrebbe essere in definitiva una scopa migliore di una gigantesca antenna VLF. “Se lo convalidiamo con questo esperimento, abbiamo molta più fiducia di poterlo far scalare fino a potenza più elevata”, dice.
Un terzo esperimento potrebbe spingere l’atmosfera stessa ad alzarsi in onde turbolente, che attirerebbero gli elettroni. Nell’estate del 2021, il Naval Research Laboratory prevede di lanciare una missione chiamata Space Measurements of a Rocket-Released Turbulence. Un razzo sonda volerà nella ionosfera – uno strato atmosferico lungo centinaia di chilometri, inondato di ioni ed elettroni – e vi inietterà 1,5 chilogrammi di atomi di bario. Ionizzato dalla luce del sole, il bario creerebbe un anello di plasma in movimento che emetterebbe onde radio: essenzialmente una versione spaziale di un magnetron, il gadget usato nei forni a microonde.
Le missioni dovrebbero aiutare a mostrare quale sistema RBR è più fattibile, anche se un sistema operativo potrebbe essere lontano anni luce. Qualunque sia la tecnologia, potrebbe comportare dei rischi. Una bonifica spaziale su larga scala potrebbe scaricare nell’alta atmosfera tanta energia quanta ne scarica la tempesta geomagnetica causata dalle occasionali eruzioni del Sole. Come loro, potrebbe disturbare la navigazione aerea e le comunicazioni. E darebbe origine a cumuli di ossidi di azoto e di idrogeno, che potrebbero corrodere lo strato di ozono stratosferico. “Non sappiamo quanto sarebbe grande l’effetto”, dice Allison Jaynes, un fisico spaziale dell’Università dell’Iowa.
Oltre alla funzione difensiva contro un’esplosione nucleare, la tecnologia RBR potrebbe avere un dividendo civile, osserva Jaynes. La NASA e altre agenzie spaziali per molto tempo hanno avuto molto filo da torcere con la protezione degli astronauti dalle cinture di Van Allen e altre fonti di radiazioni nel loro cammino verso e dallo spazio profondo. I trasmettitori VLF potrebbero essere usati per eliminare gli elettroni ad alta energia appena prima che un veicolo spaziale entri in una zona pericolosa. “Quando diventiamo viaggiatori spaziali più attivi”, dice, “potrebbe fornire un passaggio sicuro attraverso le cinture di radiazione”.
SI CHIAMANO ‘HANE’, LE ESPLOSIONI NUCLEARI AD ALTA QUOTA
UN IMPULSO EMP PUO’ BLOCCARE UN CONTINENTE…
70 ANNI DI DELIRIO DI ONNIPOTENZA
Le sperimentazioni con le armi nucleari misero in grave pericolo la Terra e la vita su di essa. I danni creati sono difficili da valutare. Rosalie Bertell – scienzata altamente qualificata su queste tematiche, ( è citata e apprezzata ampiamente da Rapetto e di Nunzio) – ha indagato sugli effetti delle radiazioni nucleari in ambiti poco trasparenti, poco accessibili, non riconoscibile negli intenti, più delle volte segreti. Il suo libro ‘Prognosi per una terra radioattiva’ è stato premiato con il Nobel alternativo, in Italia purtroppo mai tradotto.
Le bombe scoppiavano a spese dell’intero genere umano, sul quale piovevano le scorie radioattive. Ci furono finanziamenti statali enormi, budget enormi che servirono anche per la propaganda martellante che doveva smantellare le resistenze delle popolazioni e consentire – adoperando la vergognosa menzogna dell’atomo di pace – la costruzione di centrali nucleari in tutto il mondo.
L’uso “civile” del nucleare contribuì, indirettamente, a finanziare lo sviluppo dell’industria nucleare militare e a sponsorizzazione di altri possibili usi civili. La lista di utilizzi è lunga: medicina nucleare, l’irradiazione del cibo (link), applicazioni mediche, agrobiologiche (antiparassitarie e di sterilizzazione), applicazioni industriali, ambientali, atmosferici (i traccianti radioattivi che consentono di monitorare l’atmosfera e altro (link), applicazioni per la geologia, per la prospezione mineraria fino al controllo dei bagagli dando in questo modo ulteriormente giustificazioni all’industria nucleare.
Nel 1958, con il Progetto Argus, la Marina Militare USA fece esplodere tre bombe nucleari a fissione a 480 km di altezza sull’Atlantico del Sud, nella fascia più bassa delle cinture di Van Allen. L’agenzia USA per l’energia atomica lo definì “il più grande esperimento scientifico mai intrapreso dall’uomo”. Tale “esperimento”, in realtà era un aggressione senza precedenti al biosistema della Terra e causava conseguenze in tutto il mondo. Gli effetti a lungo termine di questo incredibile attacco , avvenuto prima ancora di poter comprendere cosa fossero realmente le fasce di Van Allen e quali fossero le sue funzioni per il pianeta, non sono mai stati resi pubblici, come spiega la Bertell.
L’esperimento fu progettato e condotto da James Van Allen nello stesso anno in cui aveva annunciato la scoperta delle emissioni magnetiche naturali della Terra, denominate appunto Fasce di Van Allen, che avvolgono il pianeta come un manto protettivo. Questo esempio testimonia in maniera eclatante l’ irresponsabilità e l’arroganza degli scienziati coinvolti!
Il ‘grande’ esperimento fu ripetuto una seconda volta sull’Oceano Pacifico nel 1962 col progetto Starfish.
Poco dopo anche l’URSS intraprese simili esperimenti, Il più noto test fu quello con la bomba Zar (link) , a circa 4 km di quota nella bassa atmosfera, sopra l’isola della Nuova Zemlya. Era la più potente bomba mai fatta esplodere, una palla di fuoco a temperatura di milioni di gradi °C, che originò una colonna ascendente di aria calda fino a circa 70-80 km di quota, nell’alta mesosfera.
Secondo la Bertell, i flussi di elettroni nelle fasce di Van Allen da allora non sono più tornati nel loro stato precedente.
Durante questo intenso periodo di test nucleari, furono eseguite esplosioni a vari livelli, sopra e sotto la superficie della Terra. Alcune delle descrizioni dell’ atmosfera della Terra, come anche l’esistenza delle fasce di Van Allen, sono basate su informazioni ottenute attraverso la sperimentazione stratosferica e della ionosfera di quei tempi.
Bertell vede in questa fase massacrante per il pianeta lo stadio preliminare per lo sviluppo della struttura HAARP. HAARP è un impianto di “riscaldamento della ionosfera” ed è situato in Alaska. Il sistema HAARP ( e Woodpecker in Russia) fa parte di una lunga storia di ricerca spaziale. Oggi troviamo diversi di questi impianti sparsi per il mondo.
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TERRA COME ARMA E GEOINGEGNERIA COME GUERRA
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