Nel giorno del solstizio d’inverno spettacolari e coloratissime nubi iridescenti hanno fatto la loro comparsa sulle regioni del Nord, specie tra Piemonte e Lombardia. Sono chiamate nubi stratosferiche polari o nubi madreperlacee. Si formano generalmente nella stratosfera polare bassa, come dice il nome stesso. Che cosa ci fanno qui?
Alcuni parlano di chembows, che noi vediamo spesso.
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Le nubi stratosferici sembrano noti da molto tempo, i chembows, dovuti ai rilasci degli aerei, si vede solo da 20 anni ca. Non è meno inquietante la presenza di nubi polari nella nostra area, anzi. Significa che la stratosfera presenta forti anomalie, o no?
Le Polar Stratospheric Clouds (PSCs), anche in inglese ma sopratutto in italiano indicate come nubi madreperlacee, sono nuvole che si formano nella stratosfera sopra i poli durante il periodo invernale ad altitudini comprese tra i 15-25 km di altezza con temperature inferiori a -78°C.
Sono visibili prevalentemente durante la fase di crepuscolo civile (sia esso mattutino che serale, quando il sole è sotto l’orizzonte al massimo di 6°) in quanto meglio osservabili con la luce del sole proveniente dal di sotto della formazione nuvolosa.
Sono classificate in due tipologie principali in base alla loro composizione chimica e stato fisico. La prima tipologia (Type I) vede la presenza di acido nitrico, acqua e acido solforico, la seconda (Type II) ghiaccio; questa tipologia è frequente in Antartico dove la temperatura può scendere a -88°C a quelle altitudini, mentre è più raro che tali valori di temperatura siano raggiunti in Artico. Nell’emisfero Nord la presenza di onde orografiche che portano alla formazione di nubi lenticolari, a fronte di un raffreddamento locale della sovrastante bassa stratosfera può portare alla formazione di PSC lenticolari.
Il colore madreperlaceo è associato solo alle Type II mentre le Type I possono essere iridescenti come altre tipologie di nuvole.
Una breve ricerca indica un collegamento del fenomeno con lo strato di ozono. Da approfondire.
NASA 2008: Gli scienziati hanno recentemente scoperto che le nubi stratosferiche polari, da tempo note per il loro ruolo importante nella distruzione dell’ozono antartico, si verificano con sempre maggiore frequenza nell’Artico. Queste nubi d’alta quota, che si formano solo a temperature molto basse, contribuiscono a distruggere l’ozono in due modi: Forniscono una superficie che converte le forme benigne di cloro in forme reattive che distruggono l’ozono e rimuovono i composti azotati che moderano l’impatto distruttivo del cloro. Negli ultimi anni, l’atmosfera sopra l’Artico è stata più fredda del solito e le nubi stratosferiche polari si sono protratte fino alla primavera. Di conseguenza, i livelli di ozono sono diminuiti.
NUBI STRATOSFERICHE e RIDUZIONE DELLO STRATO DI OZONO SUI POLI. PERCHE?
STUDIO Polar Stratospheric Clouds and Ozone Depletion Owen B. Toon and Richard P. Turco https://www.jstor.org/stable/24936942
Distruzione dell’ozono stratosferico
La presenza dei vari inquinanti prodotti dall’uomo ha profondamente alterato i naturali meccanismi di formazione e degrazione dell’ozono stratosferico. I composti ODS nell’alta atmosfera causano infatti una lenta ma graduale degradazione dell’ozono, in modo particolarmente vistoso nell’area sopra l’Antartide. In questa zona durante l’inverno australe (in Maggio-Giugno) il Polo Sud si trova completamente immerso nelle tenebre. Nella media e bassa stratosfera si rende così evidente l’azione di una forte corrente circumpolare chiamata vortice polare. Questo vortice isola le grandi masse d’aria posizionate sopra il polo che per l’assenza dei raggi solari e per la mancanza di scambi termici con altre masse d’aria diventano sempre più fredde. Quando la temperatura raggiunge gli 80°C sotto lo zero si formano delle nubi di acido nitrico triidrato e di acqua ad alto contenuto di acido nitrico (normalmente presente in fase gassosa) chiamate nubi stratosferiche polari (PSC, Polar Stratospheric Clouds). Queste nubi costituiscono la superficie catalitica ideale per la formazione di tutta una complicata serie di reazioni che comporta la degradazione dei vari composti ODS e la liberazione di molecole biatomiche di Cloro (Cl2) e Bromo (Br2). All’insorgere della Primavera australe (Ottobre-Novembre) l’azione dei raggi del sole provoca la dispersione delle nubi stratosferiche polari e la scissione delle molecole biatomiche di cloro e bromo in singoli atomi altamente reattivi. L’improvvisa comparsa e liberazione di questi atomi provoca l’inizio di una catena di reazioni catalitiche che comporta la degradazione dell’ozono e la comparsa del cosiddetto “buco dell’ozono”. Gli atomi degli alogeni (cloro o bromo) agiscono come catalizzatori, combinandosi a ripetizione con molecole di ozono e formando una molecola di ossigeno e un monossido (ad es. Cl+O3 —> O2+ClO). Il monossido si combina poi con un atomo di ossigeno liberando ossigeno molecolare e un atomo dell’alogeno che ricomincia il processo (ClO+O —> O2+Cl). Con questo ciclo ripetitivo un singolo atomo di cloro o bromo può distruggere centinaia di molecole di ozono prima di venire neutralizzato (da sostanze come il metano, il perossido di idrogeno o l’idrogeno molecolare). Da notare che il bromo, pur essendo meno presente del cloro, è più reattivo; infatti le molecole volatili che contengono questo elemento hanno solitamente un potenziale di eliminazione dell’ozono relativamente più alto di altre sostanze come i CFC.
L’azione distruttiva delle sostanze ODS, pur essendo presente in ogni parte del globo, diventa particolarmente evidente proprio nella zona antartica per la formazione di queste nubi stratosferiche polari; in ogni caso è bene sottolineare che l’azione degli ODS si verifica dovunque nella stratosfera, seppure in maniera meno vistosa, perché l’azione dei raggi solari stratosferici comporta sempre la liberazione degli atomi di cloro e di bromo che fungono da catalizzatori nella degradazione dell’ozono. http://www.nonsoloaria.com/buozdis.htm
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