By Guido Guidi

Piero Vietti ha pubblicato ieri su Il Foglio un articolo in tema di fake news, la locuzione più in voga e, stando a quanto descritto, anche più abusata del momento. Il tema è semplice: giunto alla ribalta come genere di notizie infondate, spesso divulgate con lo scopo di raggirare i lettori, ora sono tacciate di infondatezza e quindi targate come fake news semplicemente le notizie ritenute scomode da quelli che vi sono coinvolti. Ne consegue, che se tutto è fake news, nulla più lo è. Abbiamo quindi aggiunto una locuzione al nostro vocabolario della comunicazione globale, ma non abbiamo fatto alcun progresso in termini di fondatezza del fatti riportati, di serietà nella ricerca delle fonti, di solidità di quanto viene divulgato. In pratica, ovviamente, non è cambiato niente.

Poteva quindi cambiare qualcosa in termini di comunicazione climatica? Per carità, sono decenni che in questo settore andiamo avanti a puttanate che nessuno si prende la briga di verificare…

Sicchè, avanti tutta. Ecco il NYT Science: Mexico City – a victim of gravity and climate change is sinking rapidly.

Dunque, non si finisce mai di imparare. Città del Messico, tra le megalopoli più popolose del Pianeta, sta sprofondando. Il letto di sedimenti su cui poggia l’area metropolitana sta cedendo per ragioni morfologiche ma, ultimamente, complici i prelievi d’acqua dal sottosuolo, il processo sembra aver accelerato. E perché c’è sempre più bisogno d’acqua? Perché c’è sempre più gente. E perché c’è sempre più gente? Semplice, perché il caldo e le siccità costringono la popolazione a migrare a nord. Scopriamo quindi, come accessorio, che il tema scottante della migrazione, magari anche verso gli USA, non è legato alla qualità della vita, ma alla sete e al caldo. Che se ne faccia una ragione chi sta progettando di allungare i muri già esistenti, non se ne potranno mai fare di alti a sufficienza.

Ma torniamo al tema climatico e all’inizio di questo post domenicale, cioè anche al minimo sforzo di ricerca delle fonti che si richiederebbe a chi dispensa opinioni, specie se si chiama NYT. Chi mastica di clima sa, per esempio, che pur con il dannato global warming -aka climate change, le fasce intertropicali si sono scaldate poco o punto. È così perché così gira l’aria sul Pianeta. Ma l’opinionista potrebbe non saperne di clima, sebbene ci faccia addirittura il titolo, per cui basta andare sul sito della World Bank, non esattamente l’angolo degli scettici, per scoprire che in Messico la temperatura è identica a quella dell’inizio del secolo scorso, e così, fatta salva una maggiore variabilità di medio periodo, sono anche le piogge. Ergo, il global warming e il climate change non c’entrano un accidente. C’entra probabilmente solo il fatto che anche lì, come in tutto il mondo, la gente tende a concentrarsi nelle aree urbane. Quindi più gente, più richiesta d’acqua, più impatto sull’area di prelievo, ma non per ragioni climatiche.

Sorge un dubbio. Che i messicani abbiano deciso di mollare la campagna perché non si riusciva più a coltivare? Allora sì che potrebbe entrarci il clima… Niente da fare, stesso sito, stessa fonte facilmente raggiungibile: negli ultimi anni non è cambiata la terra coltivabile, nè la superficie arabile, nè la superficie coperta di foreste; però è aumentata, molto, la resa per ettaro. Quindi, tra caldo e siccità (?) anche in Messico si produce più cibo.

Però, statene certi, Città del Messico sprofonda a causa del climate change. Parola di Fake News.

Nb: per finire ce n’è anche in tema di AGW e conflitti sociali, giusto per tornare sull’argomento di appena un paio di giorni fa. Questa la spiegazione (minaccia?) che la solerte reporter fornisce per il suo interesse sulla faccenda:

That’s what this series is about — how global cities tackle climate threats, or fail to. Around the world, extreme weather and water scarcity are accelerating repression, regional conflicts and violence. A Columbia University report found that where rainfall declines, “the risk of a low-level conflict escalating to a full-scale civil war approximately doubles the following year.” The Pentagon’s term for climate change is “threat multiplier.”

In giro per il mondo gli eventi estremi e la scarsità d’acqua accelerano le repressioni, i conflitti regionali e le violenze. Il terreno ideale per far compiere un’altra giravolta al tema della fine del mondo causa calura: da riscaldamento globale a cambiamento climatico, poi a disfacimento climatico, ora, fantastico, moltiplicatore di minacce. Geniale.

FONTE http://www.climatemonitor.it/?p=43782

IMPORTANTE!: Il materiale presente in questo sito (ove non ci siano avvisi particolari) può essere copiato e redistribuito, purché venga citata la fonte. NoGeoingegneria non si assume alcuna responsabilità per gli articoli e il materiale ripubblicato.Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.