«Io so dove cercare»

Approdato nelle sale italiane piuttosto in sordina, era arrivato Equals, l’ultimo film di Drake Doremus, un regista piuttosto apprezzato negli USA e dalla stampa di settore. A dimostrazione di come da noi le cose funzionino diversamente, basterebbe citare come sul sito ufficiale del distributore italiano, Adler Entertainment, non vi sia praticamente presenza di questa pellicola, sebbene nel 2015 sia stata tra i candidati al Leone d’Oro di Venezia. Inoltre, il cast presenta due astri nascenti del cinema, come Nicholas Hoult (Mad Max: Fury RoadX-Men: Apocalypse) e Kristen Stewart (semplicemente la protagonista di Twilight), affiancati da un attore affermato come Guy Pearce (Memento). Misteri del Bel Paese. Certamente Equals è un film rischioso, in quanto ripercorre temi ampiamente battuti sul grande schermo, quelli legati al futuro distopico. Ma da qui al vuoto mediatico esistono diverse sfumature. Siamo nella Fantascienza d’autore, se vogliamo, quella contrassegnata da capolavori indiscutibili come Fahrenheit 451Brazil e recentemente riproposta con pellicole magari pure di successo, come Hunger Games, ma meno profonde, quali la saga di Maze Runner o The Giver: Il Mondo Di Jonas. Difficile riuscire a dire qualcosa di nuovo dopo Ray Bradbury e George Orwell, insomma. L’insieme di queste circostanze ha certamente contribuito a farmi entrare in sala piuttosto scettico, privo di grosse aspettative e invece, fortunatamente, Equals ha saputo coinvolgermi, stupirmi ed emozionarmi.

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In un futuro prossimo, un conflitto mondiale ha spazzato via quasi interamente la popolazione: senza alcun tipo di spiegone iniziale, siamo precipitati in una società di superstiti, governata da un misterioso gruppo chiamato il Collettivo. Seguiamo da vicino le giornate tipo del protagonista Silas (Nicholas Hoult), scandite e regolate in modo ossessivamente ripetitivo. All’interno di una sorta di città-stato, dominata dai toni neutri del bianco e del grigio chiaro, il nostro lavora come grafico, illustrando gli articoli divulgativi commissionati dalla sua azienda. La nuova struttura sociale è totalmente dedita alla speculazione razionale e scientifica, perché l’intera popolazione è il frutto di manipolazioni genetiche, grazie alle quali le emozioni sono state sradicate dagli animi, al punto da bandire i rapporti sessuali, programmare il concepimento su chiamata obbligatoria, attraverso l’inseminazione artificiale, e assegnare a ognuno abitazioni individuali, scarne e funzionali. Come un automa, dunque, seguiamo l’illustratore muoversi tra palazzi e stanze asettiche, vestito interamente di bianco, a differenziarsi dagli operatori sanitari. Questi ultimi, i quali indossano un gilet con tre righe nere verticali a distinguerli dagli altri, osservano i propri cittadini, pronti a intervenire. È assente il soffocante controllo delle telecamere di sorveglianza, in stile Grande Fratello, perché invece funziona meglio la delazione. C’è una piaga, infatti, ed è la SOS, una sindrome classificata in quattro stadi, che sembra propagarsi come un virus. Quanti ne risultano affetti sviluppano, o ritrovano, le emozioni perdute: all’ultimo step della sindrome, si è condotti in un luogo isolato, il DEN, nel quale si è costretti a vivere fino al sopraggiungere della morte naturale oppure, in modo efficace e lontano da occhi indiscreti, si è indotti al suicidio. A meno che, colti da vergogna o incapaci di gestire la sfera irrazionale che irrompe in modo feroce nella quotidianità e con l’ansia d’essere scoperti, saranno gli stessi infetti a porre fine alle proprie esistenze, prima di vedere conclamata la malattia.

L’aspetto interessante di Equals è la delicatezza con la quale il regista, coadiuvato da fotografia e colonna sonora incredibilmente belle e intense, riesce a raccontare l’ingresso nella SOS del protagonista e il suo incontro con Nia (Kristen Stewart), destinato a cambiare irreparabilmente le rispettive vite. Il conoscersi a vicenda, segnato da appuntamenti clandestini via via maggiormente intensi e pericolosi, è caratterizzato dal dubbio: agognano una cura alla malattia, ma rimangono impossibilitati a resistere alle pulsioni provate. Una soluzione che ho apprezzato, di fronte a tanti personaggi di film analoghi immediatamente votati alla rivoluzione e al martirio, presto convinti di cosa sia giusto e cosa sbagliato. Così, dai primi minuti della vicenda, durante i quali assistiamo a pochissimi dialoghi in favore di riprese, piani stretti e particolari in grado di raccontare meglio di mille parole il mondo dove si muovono i protagonisti, questa reciproca conoscenza di sé e dell’altro è accompagnato da colori e musiche sempre più intensi. Come a dire: a mutare lo scialbo ambiente in cui si vive, contano le nostre emozioni e quanto siamo in grado di costruire con ci è accanto.

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Un modo elegante di raccontare una storia d’amore, per esteso anche verso il prossimo, capace di spostare Equals su un terreno più intimo e meno politico rispetto ad altre pellicole distopiche e in grado di far partecipare il pubblico intensamente alla trama. E forse non è un caso se Equals arrivi proprio in questa fase storica, in cui alle grandi ideologie novecentesche è sopravvissuto il solo Mercato, al quale fa molto comodo avere monadi votate unicamente a spendere. È un richiamo così semplice, eppure potente. Così, in una società interamente disumanizzata, omologata e votata allo studio dello Spazio, un luogo al di fuori di sé e lontanissimo, il recupero della propria dimensione irrazionale e dei ricordi sembra essere l’unica soluzione possibile, l’unico atto realmente rivoluzionario, l’unica via di fuga percorribile.

Ma non è tutto semplice ed Equals è abbastanza intelligente da mostrare come, in questo percorso, sia necessario farsi carico del pacchetto completo: l’amore, la pietà e l’empatia hanno la loro controparte, come la paura, l’invidia o la meschinità. Se la distopia è caratterizzata dal bianco, sarebbe dunque semplicistico puntare sul suo contrario affinché si trovi il Bene. Inoltre, Nicholas Hoult e Kristen Stewart offrono un’interpretazione intensa, entrambi molto bravi e credibili nei rispettivi ruoli, specialmente se si considera come gli attori non abbiano potuto beneficiare di grandi effetti speciali o di riprese mozzafiato, potendo contare, invece, solo sulle loro capacità. Infine, Equals ha il pregio di mantenere alto il proprio livello anche durante le battute finali, quando il film cambia registro e i protagonisti saranno necessariamente costretti a trovare una soluzione, senza compromessi. Un finale sotto alcuni versi aperto, ma molto coerente con l’intera vicenda. E tanto, tanto umano.

di Ludovico Lamarra

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