E una volta che le capacità cognitive dell’uomo sono sostituite da una macchina, diventiamo obsoleti?

FILM: THE MACHINE

Curiosi del futuro, ancora di più all’idea di sentirci come dio, il film  Ex Machina di Alex Garland ci ha illuminato sui pericoli di creare androidi senzienti. Ciò che però non è arrivato nelle sale italiane è la versione di Caradog W. James, The Machine per l’appunto. Primo lungometraggio del regista gallese e primo “film più vicino a Blade Runner* di tanti altri girati dopo il 1982”.

In un cupo scenario dove la guerra incombe e le difese devono essere potenziate il governo britannico ha stipulato un progetto segreto col dottor Vincent (Toby Stephens): genio della cibernetica il cui fine è in realtà più imponente della costruzione di super soldati. Quando la sua assistente apre la strada a un’intuizione illuminante lo step successivo per realizzare una macchina cosciente prende forma.

The Machine è il tipo di fantascienza che non include smisurato stupore, eppure offre effetti speciali e tensioni drammatiche degne di nota. A nutrire l’immagine sono luci artificiali e penombre che mascherano inquietudini, l’acustica cinge il pathos e la storia si evolve graduale e sotterranea, fino al punto in cui anima e metallo si fondono.  

La Macchina (Caity Lotz) mostra l’alba di un’altra “vita” che ci sorpassa, che indica la nostra parte nel “vecchio mondo” mentre il nuovo sboccia danzando sulla sinfonia di Benjamin Britten. Non ci si aspetti guizzi concettuali solenni, ma parecchi interrogativi sociologici esaltati da una Lei/Her che conquista un corpo proprio. James percorre prima di tutto la strada delle smanie, delle ossessioni, della fragilità e dell’insensibilità umana, sollevando questioni biologiche e morali in bilico tra il progresso e la sua minaccia. L’eco di Ridley Scott* non è indifferente, ma nel suo piccolo (budget e distribuzione) il regista ci affascina.

C’è del buono da salvare in questi film apparentemente sporcati di altre pellicole, ci sono moniti agghiaccianti sull’abbattimento dei limiti etici, c’è uno spettacolo di luci accattivante e poi un ottimo equilibrio tra i due ruoli (uomo e macchina). Girato quasi tutto in interni ben sfruttati e con attori efficaci si sorvola sui caratteri di superficie e sull’epilogo action che fa traballare un lavoro altrimenti minuzioso.

James merita di entrare a testa alta nella fantascienza di classe, dove Frankenstein e filosofia si incontrano, dove guardiamo come spettri uno scenario di post-umanità e dove non mancano energia ed eleganza.


FONTE  http://lachiavediletturablog.blogspot.it/2015/11/the-machine-recensione-inedito.html

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