Le guerre sono necessarie per garantire la pace

Un esempio impressionante di lavaggio del cervello attraverso la manipolazione linguistica, che mostra come il linguaggio possa abbellire la realtà per renderla più digeribile (in questo caso viene totalmente minimizzata, in altri casi esagerata, a seconda delle necessità), lo troviamo nel seguente articolo. Il titolo “Cosa dice il Global Peace Index 2025”, pubblicato su Il Sole 24 Ore, suggerisce piuttosto il contrario dell’argomento trattato, ovvero la guerra e l’aumento dei morti a causa delle guerre, ma soprattutto la parola “guerra” non compare nemmeno una volta nel testo. Al suo posto si parla insistentemente di “conflitti globali”, “conflitti interni e internazionali” o “risoluzione dei conflitti”, come se si volesse enfatizzare astrazioni di “disordini” al posto di nominare in modo preciso e crudo i conflitti armati.

Osservo questa forma di lavaggio del cervello da tempo; oggi ha sostituito il greenwashing, poiché il riarmo, e non il cambiamento climatico, è diventato il focus principale. Si tratta di una vera e propria “operazione di pulizia linguistica”. La parola “conflitto” suona neutra, analitica, quasi accademica – perfetta per un rapporto che vuole apparire “obiettivo”.

Non avviene solo qui: basti pensare ai media internazionali — la BBC o la CNN utilizzano ormai spesso termini come “escalation delle ostilità” o “conflitto armato” invece di “guerra”. Questa scelta terminologica nasconde la brutalità dei fatti: parliamo di Gaza, Ucraina, Sudan, Yemen… luoghi dove “conflitto” significa morte, mutilazioni, fuga, fame e distruzione ambientale.

INVECE DI ABOLIRE LE GUERRE, ABOLISCONO LA PAROLA.

Non è necessario essere scienziati per manipolare le masse sfruttando le paure attuali. Psicologi e linguisti lavorano da tempo a questo, scrivendo manuali che ancora oggi ispirano le agenzie di stampa. Tra le strategie usate ci sono eufemismi, ambiguità, generalizzazioni, doppi sensi, distorsioni, omissioni di informazioni, minimizzazioni, esagerazioni etc.

La prossima tappa sarà l’orwelliano “ministero della pace”  al posto del “ministero della guerra”? 

Maria Heibel

Ecco cosa dice il Global Peace index del 2025

I decessi causati dai conflitti globali hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi venticinque anni. Questo è accaduto mentre 106 Paesi, dal 2023, hanno aumentato il loro status di militarizzazione, invertendo la tendenza in declino registrata negli ultimi due decenni. Nondimeno, il livello di risoluzione dei conflitti ha raggiunto la condizione più bassa da cinquant’anni a questa parte. Sono questi i fatti posti sotto la lente d’ingrandimento dell’Institute for Economics and Peace, l’IEP, che si propone il compito di utilizzare “la ricerca per dimostrare che la pace è una misura positiva e realizzabile del benessere e dello sviluppo”. Per assolvere a questa missione scientifica, come ogni anno dal 2007 ad oggi, l’Istituto formula il Global Peace Index, il rapporto che classifica 163 Stati e territori indipendenti in base al loro livello di pace. Ma come funziona l’indice? Sulla base di quale metodologia viene definito?

L’analisi raccoglie i dati più aggiornati per comprendere le tendenze geopolitiche e il loro valore economico. Nello specifico, il GPI copre 163 Paesi che rappresentano il 99,7% della popolazione mondiale, utilizzando ventitré indicatori qualitativi e quantitativi provenienti da diverse fonti reputate dai ricercatori dell’IEP come attendibili. Il risultato è un indicatore che misuri lo status di pace in tre ambiti: il livello di sicurezza sociale, l’entità dei conflitti (interni e internazionali) in corso e il grado di militarizzazione complessiva. Ma il rapporto non si limita a identificare un valore per ogni singolo Paese tenuto in considerazione, include anche un’analisi dei conflitti attuali, dei punti caldi di escalation e della valutazione dei rischi, dell’impatto economico della violenza e, più in generale, del ruolo della pace.

In definitiva, guardando ai risultati, alcune delle tendenze più interessanti riguardano la frammentazione geopolitica che secondo lo studio è aumentata in modo sostanziale. Ciò è particolarmente evidente nell’indicatore relativo alle relazioni tra Stati confinanti, che ha subito un notevole deterioramento dal 2008, con 59 paesi che registrano un peggioramento dei rapporti con i Paesi vicini e solo 19 che ne hanno evidenziato un miglioramento. Ma non è tutto, nell’analisi trapelano notevoli riduzioni nell’interazione globale in ambito economico, commerciale, diplomatico e militare. Queste sono in costante calo dalla crisi finanziaria globale del 2008. Inoltre, ogni Stato dotato di armi nucleari ha mantenuto o ampliato il proprio arsenale dal 2022, e la rivalità tra le grandi potenze sta alimentando una corsa agli armamenti nelle tecnologie avanzate, dai droni dotati di intelligenza artificiale ai sistemi anti-spaziali. Noi della redazione di Info Data ne avevamo parlato in precedenti articoli.

Entrando nel merito dell’ultimo ranking fornito dall’Istituto, si può dire che la classifica mondiale è guidata dall’Islanda. Una faccenda che, a quanto pare, non avrà lasciato di stucco i ricercatori dell’IEF, essendo questo il diciassettesimo anno consecutivo che l’isola nord-europea si aggiudica il gradino in alto del podio come Stato più pacifico al mondo. La seguono l’Irlanda e la Nuova Zelanda, rispettivamente al secondo e al terzo posto. Le ultime in classifica, invece, sono Sudan, Ucraina e Russia, che tuttavia si distaccano ben poco l’una dall’altra, e senza discostarsi troppo dalle precedenti posizioni della coda, dove troviamo anche il Congo, lo Yemen, l’Afghanistan e la Siria.

Cosa dice lo studio sull’Italia? Siamo presenti in classifica al trentatreesimo posto, guadagnando una posizione rispetto al precedente anno. Il principale motivo per cui il nostro Paese viene spesso citato nel report riguarda il fatto che otto dei dieci maggiori esportatori di armi su base pro-capite sono democrazie occidentali, tra cui Francia, Svezia, Paesi Bassi, Germania, Norvegia e, appunto, l’Italia.

FONTE https://www.infodata.ilsole24ore.com/2025/10/30/ecco-cosa-dice-il-global-peace-index-del-2025/?utm_source=firefox-newtab-it-it

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