Il ricercatore, critico e attivista sociale Gustavo Esteva, collaboratore de La Jornada e fondatore della Universidad de la Tierra de Oaxaca, è morto all’età di 86 anni. Ha partecipato al Centro di Incontri e Dialoghi Interculturali ed è autore, coautore o editore di più di 40 libri e più di 500 saggi e migliaia di articoli su giornali e riviste.
Ha ricevuto numerosi onori accademici e ha presieduto organizzazioni professionali e il consiglio dell’Istituto di ricerca delle Nazioni Unite per lo sviluppo sociale.
Viveva in un piccolo villaggio zapoteco a Oaxaca, dove coltivava il proprio cibo.
Esteva era un seguace di Ivan Illich, il pensatore austriaco, un critico delle principali istituzioni della cultura moderna e del consumo esacerbato.
Gustavo Esteva mi ha sostenuto nella pubblicazione del libro di Rosalie Bertell, prima mettendomi in contatto con il suo editore italiano Asterios e successivamente scrivendo una prefazione per il volume insieme a Manlio Dinucci e Claudia von Werlhof.
Grazie di cuore, Gustavo. Hai piantato un numero infinito di semi per risanare il nostro mondo. Ti auguro un buon viaggio verso un mondo migliore dal quale ci manderai di nuovo un po’ di luce. Che il tuo modo di pensare libero, autonomo e comunitario continui a vibrare nel mondo per molto tempo ancora,
Maria Heibel
PROVEREMO A REINVENTARCI, GUSTAVO
“Morire è l’unica cosa del tutto prevedibile nella nostra vita. L’arte di morire è parte centrale dell’arte di vivere. È inaccettabile venire privati della capacità di morire con dignità, come si fa oggi con coloro che muoiono negli ospedali”. Sono parole di Gustavo Esteva – intellettuale “de-professionalizzato”, come amava definirsi lui, autore di 40 libri, centinaia di saggi e migliaia di articoli, amico e allievo prediletto di Ivan Illich, consigliere degli zapatisti durante le trattative con il governo per gli Accordi di San Andrés, fondatore dell’Università della Terra nello Stato messicano di Oaxaca, dove egli stesso viveva in un piccolo pueblo zapoteco. Per noi e per i lettori di Comune, una perdita lancinante, incolmabile. Non solo perché Gustavo è stato uno dei primi e principali ispiratori della nostra piccola avventura e l’ospite più importante e amato della prima Festa di Comune, nel lontano 2014, ma perché ci mancherà in modo assurdo e definitivo il suo straordinario punto di vista su quel che accade nel mondo. Un mondo in cui non basta resistere ma bisogna re-imparare ad ascoltare e a imparare, un mondo in cui dobbiamo re-inventarci per sopravvivere, come scriveva lui, e per scoprire i mondi nuovi che già esistono. Ci restano i 150 articoli che abbiamo fatto uscire tra il 2012 e il 25 febbraio scorso, i libri – l’ultimo dei quali “Transitare le pandemie” scritto con Aldo Zanchetta, il suo amico più fraterno in Italia, cui noi dobbiamo la conoscenza dello stesso Gustavo. E ci restano i ricordi di grandi e appassionate discussioni, la sua incrollabile capacità di alimentare sempre e comunque la speranza. Non ha fatto in tempo, Gustavo, a mandarci i suoi auguri per la nuova campagna per i dieci anni di Comune. Lo aveva fatto in passato, per quella che chiamammo “Ribellarsi Facendo”, lui che ci aveva conosciuto tra i primi e in profondità, definendoci un esercizio di libertà, che al livello del suolo, impara dalla gente comune. Parole fin troppo generose, che restano scolpite nel nostro modo di fare e nei nostri cuori. Era già in ospedale, dove era stato trascinato proprio da quel virus su cui tanto aveva scritto e pensato. Solo due giorni fa la sua compagna, i figli e i nipoti avevano lanciato una campagna internazionale di sottoscrizione per contribuire alle spese per la riabilitazione, spese insostenibili per un uomo molto povero e straordinariamente ricco di persone che lo amavano nel mondo intero. Grazie, Gustavo, per quel che ci hai insegnato, fino alla fine dei tuoi giorni, con la tua vita e con la tua morte
È passato poco più di un anno da quando Gustavo aveva scritto quelle righe contro l’orrenda solitudine delle morti per Covid in uno dei suoi articoli ancora oggi più letti sulle pagine di Comune-info (lo trovate qui sotto). La Jornada, il quotidiano messicano che ospitava regolarmente la sua opinión quindicinale, lo aveva intitolato El Gran Reacomodo, il Grande Reset, che il Covid aveva spinto ad anticipare dalla data prevista, il 2030, di quasi 10 anni. I registi del Reset, che in Italia chiamerebbero di certo “ripartenza”, sono i signori del Forum Economico Mondiale di Davos, l’appuntamento principale in cui negli ultimi anni si è disegnato il futuro del dominio capitalista sul pianeta.
La ragione del brusco anticipo é che il Covid ha accelerato il processo di risistemazione dei pezzi del puzzle del sistema. Vogliono portare la loro rapina alle estreme conseguenze, scriveva Gustavo. “Per decenni ci hanno tolto diritti, libertà, posti di lavoro, salari, pensioni, terre, territori, foreste, acqua, piante, semi, tutto ciò che potevano strapparci, spesso con immensa violenza. Vogliono continuare a farlo finché non avremo più niente”. Ma il loro capolavoro sta soprattutto nel fatto che tutto lascia credere che quel Reset verrà accettato docilmente e che ne saremo felici. Felici di restare incollati agli schermi, di trasformare le nostre case in uffici in cambio di pochi soldi e di sottometterci a una sorveglianza prima impensabile. Per questo a noi era sembrato più indicato intitolare quel pezzo, tradotto come quasi sempre da Camminar Domandando – cioè dagli infaticabili Aldo, Adele e Maria Pia – “Non avrai nulla e sarai felice”.
Gustavo Esteva, uno dei più autorevoli maestri della resistenza e della ribellione del nostro tempo, non aveva i soldi per curarsi, come milioni di altre persone comuni del Messico e del mondo, ma di certo non ha mai avuto paura di guardare dritto in faccia ciò che minaccia l’affermazione della dignità di tutti gli esseri viventi.
Non avrai nulla e sarai felice
di Gustavo Esteva, 22 febbraio 2021
Non ci sarà “normalità”. Né nuova né vecchia. E sappiamo poco di quello che sarà. Prima di tutto, resistiamo a quello che ci viene imposto invece di cercare di tornare a quel che c’era. Morire è l’unica cosa del tutto prevedibile nella nostra vita. L’arte di morire è parte centrale dell’arte di vivere. È inaccettabile venire privati della capacità di morire con dignità, come si fa oggi con coloro che muoiono negli ospedali. È altrettanto inaccettabile vietare i funerali. È inaccettabile e non lo accettiamo. Un numero crescente di persone con il virus si rifiuta di andare in ospedale… e, in generale, sta andando bene. Si svolgono riti e celebrazioni per accompagnare i propri cari fino alla tomba. A volte si deve farlo sfidando apertamente le autorità, proprio come in tante altre cose.
Però la resistenza non è sufficiente; dobbiamo reinventarci. Le strade di ieri non portano più da nessuna parte. Non ha senso continuare a cercare lavori che non esistono più e non esisteranno, oppure bussare alle porte che un tempo soddisfacevano richieste. Non ha senso nemmeno fare affidamento sulle promesse di un futuro sempre rinviato. Oggi, per sopravvivere, la prima cosa è rendersi conto appieno della radicale novità della situazione attuale.
Per scrutare l’orizzonte, ad esempio, è utile tener conto di ciò che i signori di Davos hanno annunciato a fine gennaio nel loro Forum Economico Mondiale, il luogo da dove ogni anno dettano la direzione delle politiche globali. Quelli che rappresentano e ostentano i principali poteri economici e politici del mondo hanno deciso di togliersi le maschere e annunciare, con incredibile cinismo, cosa intendono fare. Accelereranno bruscamente Il Grande Reset che avevano anticipato e programmato per il 2030. Il Covid ha accelerato il processo. È per oggi.
Uno degli slogan che hanno lanciato tre anni fa è stato aggiornato e ha acquistato pieno significato: “Non avrai nulla e sarai felice“. Risistemare tutti i pezzi, come stanno facendo e cercheranno di fare sempre di più, significa che vogliono portare la loro rapina alle sue ultime conseguenze. Per decenni ci hanno tolto diritti, libertà, posti di lavoro, salari, pensioni, terre, territori, foreste, acqua, piante, semi, tutto ciò che potevano strapparci, spesso con immensa violenza. Vogliono continuare a farlo finché non avremo più niente.
Hanno anche annunciato come potranno farlo: con dispositivi che consentano alle persone di accettare docilmente questo destino e persino di gradirlo, di sentirsi “felici” per quello che lasciano, per poter restare incollati a uno schermo, per trasformare la propria casa in ufficio, per ricevere qualche soldo o per sottomettersi alla società della sorveglianza nella quale ogni gesto, atteggiamento e comportamento delle persone sarà controllato.
Klaus Schwab, il fondatore del Forum di Davos e principale portavoce del Grande Reset lo ha detto: “Un aspetto positivo della pandemia è che ci ha insegnato che possiamo introdurre cambiamenti radicali nel nostro stile di vita molto rapidamente. I cittadini hanno dimostrato di essere disposti a fare sacrifici per favorire l’assistenza sanitaria”. Schwab pensa che i cittadini, così come hanno docilmente accettato il confinamento e altre misure, siano “già pronti” per affrontare quello che li si costringerà a fare.
I signori di Davos non si mordono la lingua quando riconoscono che “il capitalismo… è morto…”. Sono consapevoli del fatto che “la loro ossessione di massimizzare i profitti degli azionisti ha portato a orribili disuguaglianze”. Il loro ospite d’onore è stato, questa volta, Xi Jinping, il presidente della Cina, che ha pronunciato un discorso trionfalista e ha descritto le istruzioni che detterà. Ma il Forum non ha adottato il “socialismo moderno” che Xi afferma di star realizzando.
Il Grande Reset riscatterà la parola capitalismo dalla tomba degli orrori in cui si trova, lo farà cancellando le libertà ed eseguendo innumerevoli esercizi autoritari o realizzando megaprogetti come il treno Maya o il Corridoio Transoceanico. Il nuovo regime sarà “includente” ed egualitario, come la 4T [La Quarta Trasformazione del paese promessa dal presidente del Messico, López Obrador, ndt]. Tutte le “parti interessate” parteciperanno all’operazione, in modo che non ci sia alcuna opposizione al nuovo mondo felice che si starebbe creando, ad esempio, nel sud-est del Messico.
Vale la pena di fare un’attenta analisi dell’agenda del Grande Reset. I suoi promotori non traducono questa espressione come faccio io: per loro quella sarebbe la grande ripartenza oppure il grande ricettario (sic), formule meno forti di quella inglese. È raccapricciante vedere il progetto completo, ma è anche molto illuminante. Permette di capire meglio cosa sta succedendo… e precisa ciò che bisogna invece fare.
Ricordiamo ancora una volta la frase zapatista: “Ci hanno tolto così tanto che ci hanno tolto perfino la paura“. Senza paura alcuna, iniziamo a far crescere speranze e trasformiamo la resistenza in liberazione. Per costruire il mondo nuovo e fondare possibilità reali di condivisione e convivialità su nuove relazioni sociali reali, ci stiamo collegando, unendoci ad altre e altri che a loro volta combattono questa lotta decisiva. Cominciamo così a imparare dalle altre e dagli altri, a offrirci solidarietà e a praticare insieme un’azione politica che si basa soprattutto sull’ascolto. Che è poi, tra l’altro, quello che stanno per fare in Europa, insieme con gli zapatisti, il Congresso Nazionale Indigeno e il Consiglio Indigeno di Governo.
Fonte: “El gran reacomodo (The Great Reset)”, in La Jornada.
Traduzione a cura di Camminardomandando.
Un esercizio di libertà. Per Comune-info
di Gustavo Esteva
In questo momento tragico, mentre intorno a noi cadono le verità e le istituzioni che ci hanno governato per duecento anni, niente è più importante che imparare a imparare. Non possiamo aver fiducia in quello che ci hanno insegnato, né nelle persone e nelle istituzioni che riproducono solo cadaveri in maniera scolastica. È il momento dell’immaginazione e dell’iniziativa. Potremo celebrare la frana che ci schiaccerà se non cambieremo posto quando avremo imparato a trasformare quel che cade in materiale per costruire il mondo nuovo.
È questo il brodo di coltura di Comune-info. Un’esperienza innovativa che sboccia da questo impulso profondo di rigenerazione, che esplora quel che non si conosce con i piedi ben piantati nella terra. Arriva in un buon momento. Sembra un rimedio efficace di fronte all’ondata di gattopardismo, quell’ambizione di cambiare tutto perché nulla cambi. Comune-info traccia sentieri per uscire dalla confusione e dallo sconcerto che stimolano l’irrazionalità, la paralisi o la mera inerzia. Accende una candela nell’oscurità. È, forse senza nemmeno proporselo, un centro autonomo di produzione di conoscenza, che non si lascia intrappolare dai dogmi e dai catechismi, né ha propositi evangelizzatori. Nasce dalla libertà e alla libertà si dedica. Invita, invece di predicare. Suggerisce e propone, invece di imporre. Sa che la democrazia può stare solo dove sta la gente, non “lassù in alto”, dove si corrompe senza rimedio. E così, al livello del suolo, imparando dalla gente comune, Comune-info esercita la libertà.
Abbracci
Gustavo Esteva
En este momento trágico, cuando caen a nuestro alrededor verdades e instituciones que nos gobernaron por 200 años, nada más importante que aprender a aprender. No podemos confiar en lo que nos enseñaron ni en las personas e instituciones que sólo reproducen cadáveres de manera escolar. Es el momento de la imaginación y la iniciativa. Podremos celebrar el derrumbe que nos aplastará si no cambiamos de lugar cuando aprendamos a transformar lo que cae en material para construir el mundo nuevo.
Es ése el caldo de cultivo de Comune-info. Esta iniciativa novedosa brota de ese impulso profundo de regeneración, que explora lo desconocido con los pies bien asentados en la tierra. Llega en buen momento. Aparece como remedio eficaz ante la ola de gatopardismo, ese afán de cambiarlo todo para que nada cambie. Comune-info traza caminos para salir de la confusión y el desconcierto que estimulan la irracionalidad, la parálisis o la mera inercia. Prende una vela en la oscuridad. Es, acaso sin proponérselo, un centro autónomo de producción de conocimiento, que no se deja atrapar por dogmas o catecismos ni tiene propósito evangelizador. Nace de la libertad y a ella se dedica. Invita, en vez de predicar. Sugiere y propone, en vez de imponer. Sabe que la democracia sólo puede estar en donde la gente está, no “allá arriba”, en donde se corrompe sin remedio. Y así, a ras del suelo, aprendiendo de la gente común, ejerce la libertad.
Abrazos, Gustavo Esteva
FONTE https://comune-info.net/proveremo-a-reinventarci-gustavo/
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