Chi ha vinto la seconda guerra mondiale e chi l’ha voluta? Fu Philip K.Dicks ad immaginare una storia di fantascienza  in cui le Potenze dell’Asse hanno sconfitto gli Alleati  nella Seconda Guerra Mondiale, diffondendo il nazismo e l’ imperalismo nel mondo intero, Stati Uniti compresi. Il suo romanzo si intitola La svastica sul sole (The Man in the High Castle) e fu  pubblicato nel 1962. A distanza di molti anni pare che la realtà non sia distante dalla sua immaginazione.

Le forze promotrici di questo conflitto mondiale hanno vinto e stanno espandendo il loro regno. E’ una storia ancora tutta da scrivere. Qualcuno ci sta provando.  Sintetiche tracce danno una idea. La macchina da guerra di Hitler fu il colosso chimico I.G.Farben ( e Ausschwitz connesso). Fu controllata dai Rothschild tramite società finanziarie, attraverso i valletti dei Warburg. La Standard Oil dei Warburg gestiva Auschwitz, ma era ufficialmente dei Rockefeller. L’impero Rockefeller era stato creato dai Rothschild. Essi possedevano anche i mezzi di comunicazione, e così controllavano il flusso di notizie date al pubblico.

Molti hanno documentato come le élite inglesi e statunitensi finanziarono l’ascesa al potere di Hitler e come, finché non rivolse le sue forze verso ovest, non intrapresero azioni difensive contro il Terzo Reich. Uno dei protagonisti favorevoli all’ascesa di Adolf Hitler e del partito nazista non fu altro che Prescott Bush, padre di George Herbert Walker Bush e nonno di G. W, Bush, i futuri presidenti, e del G. W. H. Bush capo della CIA.  Uscito di recente il libro di Marco Pizzuti Biografia non autorizzata della Seconda Guerra Mondialeedito da Mondadori: quanto possiamo fidarci della storia ufficiale della seconda guerra mondiale?

 

Quei nazisti stranamore riciclati in Usa

 

Di Giuliano Aluffi  

Un libro racconta la storia degli scienziati del Reich. Erano all’avanguardia, perciò gli States li accolsero, li fecero lavorare e li premiarono, sorvolando sul passato, inclusi gli esperimenti su cavie umane.

Può un uomo congelato a morte ritornare in vita? Sì, grazie a una tecnica di riscaldamento che abbiamo sviluppato per recuperare i nostri piloti precipitati nelle acque gelide della Manica» disse il medico nazista Georg Weltz al dottor Leopold Alexander, che lo interrogava per conto degli Alleati il 5 giugno 1945, a guerra appena finita. «Su cosa avete sperimentato questa tecnica?» chiese Alexander, sospettoso. «Su vacche e cavalli» rispose Weltz. Ma quando Alexander pretese di vedere le vasche usate dagli esperimenti, quelle che Weltz gli mostrò nei dintorni di Freising erano troppo piccole per vacche e cavalli, perfette invece per cavie umane.

Questo è solo uno dei sinistri esempi della scienza nazista degli anni Quaranta, una scienza che aveva però raggiunto risultati così d’avanguardia da spingere gli Stati Uniti a fare incetta di ricercatori tedeschi, accogliendoli, spesso con documenti falsi o comunque con molte indulgenze sul loro passato, per contrattualizzarli per il Pentagono e l’industria privata americana.

A ricostruire quello che avvenne è una giornalista del Los Angeles Times, Annie Jacobsen, che, usando documenti ufficiali ma poco conosciuti e interviste agli allievi dei protagonisti, ha scritto Operazione Paperclip: come gli scienziati nazisti hanno costruito l’America (Piemme, pp. 580, euro 20). Paperclip significa graffetta: «l’importazione» di scienziati del Reich negli Usa fu chiamata così in riferimento alla graffetta che – negli archivi dello Office of Strategic Services (Oss), il servizio segreto americano della Seconda guerra mondiale, e poi in quelli della Cia – teneva insieme il fascicolo integrale di ogni scienziato e quello più presentabile, ripulito da crimini di guerra come esperimenti sugli uomini o sfruttamento del lavoro forzato.

«L’Operazione Paperclip fu una sorta di patto con il demonio fatto tra la sconfitta dei nazisti e l’ombra incipiente della Guerra fredda » racconta Annie Jacobsen. «La scienza del Reich faceva gola al Pentagono perché, in settori come la chimica, la medicina e l’aeronautica, era la più avanzata del mondo». Del resto in Germania la ricerca scientifica era concentrata su applicazioni militari e i nazisti non avevano remore nell’usare ogni tipo di scorciatoia, come sperimentare armi chimiche e biologiche su cavie umane. Così, il 28 maggio 1945, su stimolo del sottosegretario alla Guerra Robert Patterson, il Pentagono decise una politica temporanea: gli scienziati sarebbero stati sottoposti a custodia militare in America e contrattualizzati dal governo, per poi ritornare in Germania quando avessero completato il loro lavoro.

Inizia così l’operazione Paperclip. «Già lavorando al mio primo libro, Area 51, sulla famosa area militare in Nevada, mi ero imbattuta nei fratelli Horten, i designer della futuristica “ala volante” nazista, l’aereo Horten Ho 229. Il loro capo alla Luftwaffe era il braccio destro di Göring: l’ingegnere Sigfried Knemeyer. Quello che mi aveva sorpreso è che, dopo la guerra, Knemeyer fosse venuto qui, negli Stati Uniti, e avesse lavorato per l’esercito. Quando andò in pensione, negli anni Settanta, gli venne addirittura attribuita dal Dipartimento della Difesa l’onorificenza Distinguished Civilian Service Award, la più alta per chi lavora per il dipartimento della Difesa senza essere militare» dice Annie Jacobsen. «Era assurdo: come si può essere
così importanti per la Luftwaffe e diventare poi così importanti per il Dipartimento della Difesa americano? Così ho parlato con il nipote di Knemeyer, che mi ha mostrato i documenti di suo nonno. Quindi ho verificato che negli archivi nazionali esistevano oltre 1.600 situazioni analoghe».

Ma che cosa volevano gli americani dai nazisti?
«Wernher von Braun, direttore scientifico della produzione di armi del Reich, fu la star dell’operazione Paperclip. Quando dal suo nascondiglio sulle Alpi bavaresi decise di consegnarsi ai soldati americani si comportava già da divo: sapeva bene che tutti volevano ciò che aveva nella testa, ossia la capacità di progettare e realizzare i missili V1 e V2, contro i quali non esisteva possibilità di difendersi. Von Braun dapprima lavorò nel programma missilistico americano, poi si ritagliò un ruolo di “profeta
dei viaggi spaziali”». Quando divenne cittadino americano, nel 1955, era già un’icona. Nel 1960 passò, insieme ad altri 120 tedeschi coinvolti in Paperclip, alla Nasa. «Il lavoro forzato nella base sotterranea di Nordhausen, gestita da lui, che causò migliaia di vittime, come le sue visite ai campi di concentramento per reclutare manodopera, tutto il suo passato nazista insomma, venne occultato dal governo. Lo si scoprirà solo nel 1985, dopo che parecchi documenti saranno stati resi disponibili
con il Freedom of Information Act (legge del ’66 che aprì gli Archivi di Stato Usa, ndr)».

Andò peggio a Walter Schreiber, che a soli tre mesi dall’ingresso negli Stati Uniti, nel dicembre 1951, viene riconosciuto come criminale nazista. «Un’ex prigioniera polacca o ricorda a capo di un esperimento dove le era stata provocata una cancrena per testare dei sulfamidici» spiega Jacobsen. «Il Boston Globe fa lo scoop: “Ex nazista ha un posto di responsabilità all’Aeronautica militare degli Stati Uniti”. A quel punto si rischia l’effetto domino, così il generale Harry Armstrong, il padre della medicina dello spazio, che ha reclutato personalmente per l’aeronautica 58 medici nazisti, trasferisce Schreiber in Argentina, dove morirà nel 1970». 

Più successo ebbe Otto Ambros, «il chimico preferito da Hitler», direttore dello stabilimento IG Buna Werke di gomma sintetica, che sfruttava a morte i prigionieri di Auschwitz, e direttore della IG Farben, la grande azienda tedesca che, tra l’altro, produceva lo Zyklon-B, la sostanza mortale utilizzata nelle camere a gas dei lager. «Ambros produceva per il Reich anche il Tabun (Tabù), gas nervino sviluppato nella ricerca sui pesticidi per coleotteri, cento volte più letale di qualsiasi altra sostanza mai vista prima, e aveva realizzato anche il Sarin, ancora più potente. Sostanze così pericolose che gli americani pensarono di non poterle studiare senza i chimici che le avevano prodotte. Ambros venne scarcerato nel 1952, lavorò per l’esercito americano e per diverse aziende, per poi emigrare in Svizzera negli anni 60. Lasciando un’altra triste eredità, anche se questa volta involontaria: nel 2008 medici inglesi trovarono documenti che collegano la talidomide, il farmaco che preso da donne incinte rese focomelici molti bambini, ai farmaci studiati dalla IG Farben ai tempi di Ambros».

https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/1621/quei-nazisti-stranamore-riciclati-in-usa/

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