Risultati immagini per IL 2016 SARÀ L’ANNO DELL’ANTROPOCENE

Colosso di Rodi – Un progetto europeo 

L’ANTROPOCENE E’ GIA’ INIZIATO. E NON C’E’ NULLA DA FESTEGGIARE

Antropocene – ovvero l’era caratterizzata, condizionata, modificata dall’azione dell’uomo. La discussione è aperta tra geologi, climatologi, ecologisti: c’è chi pensa che essa sia già iniziata e chi invece ritiene che stiamo ancora vivendo nell’Olocene. Alcuni ricercatori, però, non solo sono sicuri che questa nuova fase della storia della Terra sia ormai in corso, ma ne hanno anche fissato il punto di partenza: la detonazione della prima bomba atomica nel 1945.

 

L'INIZIO DELL'ERA ATOMICA COINCIDEREBBE CON L'INIZIO DELL'ANTROPOCENE

L’INIZIO DELL’ERA ATOMICA COINCIDEREBBE CON L’INIZIO DELL’ANTROPOCENE

Come ogni confine geologico, non è un indicatore perfetto: in realtà l’aumento delle radiazioni globali si è registrato nei primi anni ’50, quando si sono verificati i vari test nucleari. Ma potrebbe essere un modo ottimale per risolvere le molteplici evidenze dei cambiamenti planetari prodotti dall’umanità. Il tempo- e il dibattito- ce lo diranno”, ha spiegato Jan Zalasiewicz, docente del dipartimento di Geologia dell’Università di Leicester e presidente dell’ Anthropocene Working Group.

Si tratta di un organo formato da esperti interdisciplinari, sia scienziati che umanisti, sotto l’egida dell’International Commission on Stratigraphy, che si occupa di problematiche su scala globale relative alla stratigrafia, alla geologia e alla  geocronologia. Il compito del gruppo di lavoro è elaborare una proposta per la ratifica formale dell’ Antropocene come unità ufficiale che modifica la scala temporale geologica.

Questa parola, che associa il termine ànthropos uomo, in greco antico) e kainòs (nuovo, sempre in greco), è stata coniata negli anni ’80 dal biologo Eugene Stoermer, ma è stata poi diffusa dal premio Nobel per la Chimica Paul Crutzen, a partire dal 2000, proprio per sottolineare i  mutamenti provocati sul “sistema Terra” dall’intervento dell’uomo. Cambiamenti radicali che hanno alterato nel profondo ( e in peggio) il nostro pianeta e tutti concentrati nel giro di pochi decenni.

Lo afferma anche un articolo pubblicato da Science intitolato “Confini Planetari: guidare lo sviluppo umano su un pianeta che cambia”. .. Il team di ricercatori internazionali, dopo aver analizzato il cambiamento climatico, la perdita dell’integrità della biosfera e l’alterazione dei cicli biogeochimici,  è arrivato ad una conclusione poco incoraggiante: la nostra civiltà ha superato 4 dei 9 cosiddetti confini planetari, dunque potremmo già essere sulla strada del non-ritorno.

NEGLI ULTIMI 100 ANNI, LA TERRA HA RADICALMENTE MUTATO IL SUO ASPETTO

NEGLI ULTIMI 100 ANNI, LA TERRA HA RADICALMENTE MUTATO IL SUO ASPETTO

Stiamo correndo oltre i limiti biofisici che permettono alla specie umana di esistere”, è il campanello di allarme lanciato da Steve Carpenter, direttore del Madison Center di Limnologia dell’Università del Wisconsin, uno dei 18 esperti che hanno firmato l’articolo. Negli ultimi 11.700 anni- da quando ha avuto inizio l’Olocene– la Terra ha sperimentato una notevole stabilità. Eppure, nel corso di questi millenni è successo di tutto- siamo passati dall’età glaciale, alla nascita delle prime città, fino all’ era industriale.

 Ma negli ultimi 100 anni, alcuni dei parametri che hanno reso l’Olocene un periodo così propizio allo sviluppo della civiltà sono drasticamente mutati- per colpa nostra, ovviamente. Carpenter si è focalizzato sul cambiamento dei cicli vitali delle sostanze chimiche all’interno dell’ecosfera, in particolare di due elementi essenziali per la vita organica- fosforo ed azoto. Entrambi sono utilizzati come fertilizzanti e l’incremento, esponenziale, dell’agricoltura industriale su larga scala ha prodotto un enorme aumento anche di queste sostanze chimiche nel nostro ecosistema.

Abbiamo cambiato il ciclo di azoto e fosforo molto più profondamente di qualsiasi altro: una crescita nell’ordine del 200-300%”, ha detto il docente. “Pensiamo al carbonio: è aumentato solo del 10/20% e guardate quali sono stati gli effetti deleteri sul clima.” In questo caso, i danni peggiori li ha subiti l’acqua. L’aumento del  fosforo, indica come esempio, è la causa principale della proliferazione delle alghe e del calo dell’ossigeno nel Lago Erie, mentre l’azoto finito nel Mississippi è responsabile della “zona morta” nel Golfo del Messico.

Al contrario, ci sono aree, nel nostro pianeta, che manifestano una grave carenza di queste sostanze chimiche, come ampi settori dell’Africa e dell’Asia. “Ci sono luoghi che sono davvero sovraccarichi di inquinamento da nutrienti, come il Wisconsin e l’intera regione dei Grandi Laghi. Invece, in altre zone, dove vivono miliardi di persone, c’è una grave mancanza di azoto e fosforo: molte popolazioni non ne hanno a sufficienza per coltivare il cibo di cui hanno bisogno, ha confermato Carpenter. Insomma, l’ennesimo paradosso dei nostri tempi: uno squilibrio – stavolta chimico- che in eccesso produce inquinamento e in difetto produce carestie. 

INQUINAMENTO, DEFORESTAZIONE, CEMENTIFICAZIONE E MUTAMENTI CLIMATICI: ECCO COSA HA PRODOTTO L'UOMO

INQUINAMENTO, DEFORESTAZIONE, CEMENTIFICAZIONE E MUTAMENTI CLIMATICI: ECCO COSA HA PRODOTTO L’UOMO

Forse è possibile per l’umanità sopravvivere anche in condizioni differenti da quelle dell’Olocene, ma non ne abbiamo la sicurezza: visto che la civiltà si è sviluppata grazie a quelle condizioni, sarebbe saggio fare di tutto per conservarle”, ha chiosato il ricercatore americano. Ma potrebbe essere troppo tardi, se- come afferma l’Anthropocene Working Group– siamo già da tempo entrati in una nuova fase geologica. Entro il 2016, ipotizzano che sarà ufficialmente decretato l’inizio dell’Antropocene, l’era dell’Uomo. E visto i danni che abbiamo prodotto, non c’è molto da festeggiare.

Sabrina Pieragostini   FONTE 

“Benvenuti nell’Antropocene!” L’uomo ha cambiato il clima. La Terra entra in una nuova era”.

Paul J. Crutzen e il suo progetto per ‘aggiustare’ il clima e il pianeta. 


Scriveva il Colonnello Guido Guidi il 10/01/2009 su Climatemonitor:

Vi PREGO FERMATELI!

Paul Crutzen, nobel per la chimica, propone di liberare tonnellate di zolfo in alta atmosfera per raffreddare la terra. Speriamo abbia chiesto il permesso a lucifero che ne detiene da sempre il monopolio.
In alternativa altri immaginano enormi tende parasole nella stratosfera o mega-cucchiai per rimescolare gli stanchi oceani e stimolare la circolazione termoalina, avendo cura di non affondare le piattaforme flottanti-radiazioni-assorbenti che altri avranno nel frattempo disseminato nei mari.
Alla conferenza dell’American Geophysical Union non riescono a mettersi d’accordo, ma sono convinti che servirebbe un bell’organismo tecnico sovranazionale per studiare il clima. Io propongo il nome IPCC2 la vendetta (se proprio devi, leggi la news
 qui) (1).


Paul Jozef Crutzen
 (Amsterdam3 dicembre 1933) è un chimico olandese, vincitore, insieme a Frank Sherwood Rowland e Mario Molina, del Premio Nobel per la chimica nel 1995 per «gli studi sulla chimica dell’atmosfera, in particolare riguardo alla formazione e la decomposizione dell’ozono» (for their work in atmospheric chemistry, particularly concerning the formation and decomposition of ozone).[1]

È uno dei massimi esperti di chimica dell’atmosfera. Nel 2000 ha coniato il termine “Antropocene” per definire la prima era geologica nella quale le attività umane sono state in grado di influenzare l’atmosfera e alterare il suo equilibrio.

Insegna al Max Planck Institut di Magonza e alla Scripps Institution of Oceanography della Università della California a San Diego. Dal 25 giugno 1996 è membro della Pontificia Accademia delle Scienze in Vaticano.[2]

In data 7 giugno 2010 ha ricevuto la laurea magistrale honoris causa in scienze ambientali dall’Università Ca’ Foscari.

Laureato in ingegneria civile, il suo primo lavoro fu nell’ufficio costruzione ponti della città di Amsterdam. Solo a 26 anni iniziò ad occuparsi di chimica atmosferica compiendo studi accademici presso l’Università di Stoccolma, che gli conferisce il dottorato per il suo lavoro pionieristico sull’ozono nella stratosfera e nella troposfera (2). Le ricerche di Paul J. Crutzen si sono rivolte principalmente alla fotochimica dell’atmosfera, in particolare al ruolo dell’ozono sia nella stratosfera che nella troposfera. Nel 1970 Crutzen ha ipotizzato che la produzione di ozono tramite l’azione della radiazione solare ultravioletta sull’ossigeno molecolare (O2) potesse essere bilanciata principalmente tramite processi di distruzione dell’ozono che implicano NO e NO2 come catalizzatori. Questi catalizzatori, a loro volta, risultano dall’ossidazione di N2O, un prodotto della conversione microbiologica dell’azoto nel suolo e nelle acque.

Nel 1971, insieme con il Prof. Harold Johnston dell’Università della California a Berkeley, ha sottolineato che le emissioni di NO da parte di grandi flotte di aerei supersonici potessero causare perdite sostanziali di ozono nella stratosfera. Tra il 1972 e il 1974 Crutzen ha proposto che NO e NO2 potessero catalizzare la produzione di ozono nella troposfera di sfondo tramite reazioni aventi luogo nelle catene di ossidazione CO e CH4. Ulteriori reazioni chimiche comportanti una perdita di ozono sono state identificate allo stesso modo. Questi termini di produzione e distruzione lorda dell’ozono sono sostanzialmente più grandi del flusso discendente dell’ozono dalla stratosfera, che fino a quel momento era stata considerata la fonte principale di ozono troposferico.

Nel 1979-80 Crutzen e colleghi hanno portato l’attenzione sull’importanza primaria dei tropici nella chimica atmosferica. In particolare, alcune campagne di misurazioni effettuate in Brasile hanno dimostrato chiaramente che gli incendi di biomasse nei tropici erano una fonte principale di inquinanti aerei, alla pari o in alcuni casi maggiori dell’inquinamento industriale nel mondo sviluppato.

Nel 1982 Crutzen, insieme al Prof. John Birks dell’Università del Colorado, ha sottolineato il rischio di un forte raffreddamento della superficie terrestre causato da carichi enormi di particelle nere di aerosol nell’atmosfera, risultanti dai molti incendi che si sarebbero potuti sviluppare a seguito di una guerra nucleare (“inverno nucleare”). Questo e ulteriori studi da parte di R. Turco, B. Toon, T. Ackerman, J. Pollack e C. Sagan e dal Comitato Scientifico sui Problemi dell’Ambiente (SCOPE) hanno dimostrato che le conseguenze indirette di una guerra nucleare causerebbero più morti degli impatti diretti delle esplosioni nucleari.

Nel 1986, insieme al Dr F. Arnold dell’Istituto Max Planck per la Fisica Nucleare a Heidelberg, Crutzen ha dimostrato che l’acido nitrico e il vapore acqueo potevano condensare insieme nell’atmosfera, dando un contributo importante ad una catena di eventi che avrebbe portato alla rapida deplezione dell’ozono alle alti latitudini a fine inverno e in primavera (il cosiddetto “buco nell’ozono” antartico). Le sue ricerche più recenti riguardano il ruolo delle nuvole nella chimica atmosferica e le reazioni fotochimiche che hanno luogo nello strato del confine marino, che includono la catalisi da parte di radicali alogeni derivati dal sale marino de dalla fotolisi dei gas organoalogeni reattivi prodotti da organismi marini.

Inoltre, le sue ricerche attuali concernono principalmente gli effetti chimici e climatici dell’inquinamento atmosferico pesante che si trova sopra l’Asia e altre regioni del mondo in via di sviluppo: il cosiddetto fenomeno ABC (delle nuvole marroni nell’atmosfera) (3).

Intervista con il professor Paul Crutzen(4)

FONTI

(1) http://www.climatemonitor.it/?p=658

(2) http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Crutzen

(3) http://www.pas.va/content/accademia/it/academicians/ordinary/crutzen.html

(4) http://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/content/20110103STO11194/html/Un-piano-di-emergenza-per-salvare-il-pianeta

La International Commission on Stratigraphy dovrebbe prendere una decisione formale sul riconoscimento dell’Antropocene come era geologica nel 2016.

 

 

VEDI ANCHE

INDOEX – The Indian Ocean Experiment

TINY PARTICLES OF POLLUTION MAY CARRY LARGE CONSEQUENCES FOR EARTH’S WATER SUPPLY

In the new Science paper, Ramanathan, Crutzen, J.T. Kiehl (National Center for Atmospheric Research), and Rosenfeld (The Hebrew University of Jerusalem), say the aerosol issues raised from INDOEX are a “major environmental concern.” Not only do they question the role aerosols are playing on the regional and global hydrological cycle, but, they say, globally averaged, the aerosol increases the solar heating of the atmosphere accompanied by a reduction in the solar heating of the surface of the planet and these effects maybe quite comparable with the forcing due to greenhouse gases http://scrippsnews.ucsd.edu/pressreleases/indoex_water.cfm

Responding to Paul Crutzen (Wayne Hall)

 

 

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