Nel 2013, il Comitato intergovernativo sul Cambiamento climatico delle Nazioni Unite (IPCC) aveva concluso che ci fosse il 95% delle probabilità che l’attività umana fosse la maggior causa del cambiamento climatico a partire dagli anni ’50.  Ora certi scienziati sono sicuri al 99.9999 Percento che siano gli umani a causare il cambiamento climatico.   Chi dice che noi scienziati non siamo a conoscenza del motivo alla base del cambiamento climatico si sbaglia – ha affermato Benjamin Santer, tra i principali autori dello studio e ricercatore presso il Lawrence Livermore National Laboratory in California – Lo sappiamo: è l’uomo”.

I scienziati del Lawrence Livermore National Laboratory ( era casa di Edward Teller e altri) sono ben informati.

Nel 2018 l’ IPCC ha rilasciato il rapporto storico, dal titolo Global Warming of 1.5°Cun manuale per riuscire a contenere il riscaldamento globale. Uno dei punti fondamentali del rapporto  è la necessità di decarbonizzare completamente le nostre economie. 

 

IL RISCALDAMENTO GLOBALE, IL CONTROLLO DELLA RADIAZIONE SOLARE E L’AMBIGUITÀ DELL’IPCC

 

Articolo inedito di Paolo De Santis, novembre 2013

 

Le emissioni serra e il riscaldamento della biosfera

La biosfera è la zona in cui si svolge la vita umana e delle altre specie viventi: una sua possibile sensata definizione spaziale ne indica l’estensione come compresa tra 10 km sotto e 10 sopra il livello del mare. Questa zona include tutte le attività umane, compresi i viaggi aerei e le trivellazioni petrolifere, con la sola esclusione dei viaggi spaziali. Se immaginiamo la Terra, che ha un diametro di 12.800 Km, come un piccolo melone di 13 cm di diametro, ridotta cioè di un fattore di scala 1:100 milioni, la nostra biosfera si presenterebbe come una lamina dello spessore di 0,2 millimetri: più sottile dell’etichetta che spesso viene attaccata sulla frutta.

Questa sottile pellicola può essere considerata, con ottima approssimazione, un sistema chiuso, nel senso che non ha significativi scambi di materia con il resto dell’universo, ma non un sistema isolato dal punto di vista energetico. Infatti, per quanto riguarda gli scambi di energia, la biosfera riceve dal sole, sotto forma di radiazione elettromagnetica, una potenza media 174 milioni di GW (1 Gigawatt = 1 milione di chilowatt) e dal nucleo terrestre una potenza di 44 mila GW, sotto forma di calore. Questi due flussi energetici entrano con continuità nella biosfera e la loro durata è valutata in miliardi di anni per la radiazione solare e migliaia per il calore geotermico.

Solare e geotermico sono le due fonti, dalle quali scaturiscono tutte le fonti energetiche che definiamo rinnovabili, e hanno durate tanto grandi sulla scala dei nostri cicli storici, che possono entrambe essere considerate inesauribili, anche se con notevoli differenze l’una dall’altra. Considerando che la potenza globale prodotta attualmente attraverso le principali fonti (fossili, nucleare e rinnovabili) ammonta a 16 mila GW, se solo fossimo tanto sensati da promuovere una ricerca tecnologica mirata verso un uso ambientalmente corretto dell’energia solare, potremmo pensare di dormire sonni tranquilli per quanto riguarda le nostre necessità energetiche e indirizzare le nostre preoccupazioni all’uso sostenibile del territorio, dell’atmosfera e dei mari, concentrandoci principalmente sulla disponibilità di aria respirabile, di acqua potabile e sulla produzione di cibo sano.

Dalla distribuzione delle temperature nella biosfera, e in particolare negli oceani e negli strati più bassi della troposfera, dipende la sopravvivenza stessa delle specie animali e vegetali che costituiscono la biodiversità naturale del pianeta. In situazione di regime, ovvero di temperatura stazionaria, il pianeta riemette verso lo spazio tutta la potenza che gli arriva dal sole, sempre in forma di radiazione, ma con diverso contenuto spettrale. Il delicato equilibrio si gioca sulla proprietà del suolo e degli strati bassi della troposfera di assorbire e riemettere la radiazione nelle diverse bande spettrali. Per ogni valore della temperatura di equilibrio, il bilancio dinamico di energia in ingresso/energia in uscita viene regolato dalla presenza di gas pesanti e vapori che producono quello che chiamiamo effetto serra, cioè un assorbimento della radiazione infrarossa che dalla terra viene diffusa verso lo spazio. Ogni volta che si verifica un cambiamento di uno dei parametri (per esempio una variazione della potenza solare in ingresso o della concentrazione dei gas serra) si rompe l’equilibrio dinamico e si ha una fase transitoria, che a regime giunge a una nuova situazione di equilibrio tra potenza entrante e potenza uscente, caratterizzata da una nuova temperatura.

Durante il transitorio, il bilancio energetico può essere positivo (entra più energia di quella che esce) con un conseguente aumento della temperatura, oppure negativo, con una diminuzione della temperatura. Questa situazione viene quantificata tramite una grandezza chiamata Radiative Forcing, misurata in W/m2, che rappresenta lo sbilanciamento ingresso/uscita, cioè la potenza netta per m2 che attraversa la biosfera in ingresso (positiva) oppure in uscita (negativa). L’effetto serra è essenziale, perché senza di esso la temperatura media cadrebbe a valori tanto bassi che la vita sul pianeta non sarebbe possibile. All’effetto serra contribuiscono il vapore acqueo – di gran lunga il contributo più importante, che agisce sul sistema come un feedback, dato che la sua concentrazione dipende fortemente dalla temperatura – l’anidride carbonica, il metano e molte altre sostanze gassose, sia naturali che prodotte dalle attività umane. Sono proprio questi gas antropogenici che sono messi sotto accusa per aver alterato il bilancio radiativo e aver provocato la conseguente elevazione della temperatura media di equilibrio.

L’uso della geoingegneria per il controllo della radiazione solare

Se è vero che l’aumento di concentrazione dei gas serra, come anidride carbonica e metano prodotti dalle attività umane, è responsabile del riscaldamento globale, allora la cosa più logica da fare sarebbe cercare di ridurre le emissioni, cioè la causa stessa del riscaldamento. In verità il Protocollo di Kyoto si era prefisso tale scopo, ma l’unico risultato di rilievo è stato quello di creare un mercato di certificati di emissioni, previsti nel Clean Development Mechanism (CDM), mediante il quale un’industria virtuosa, che produce un tasso d’inquinamento inferiore a quello stabilito dal CDM, può vendere a industrie meno virtuose una licenza d’inquinare. Con questo geniale stratagemma la sicurezza ambientale del pianeta era stata affidata alla mano invisibile del mercato. Ovviamente con risultati nulli o negativi.

In alternativa alla riduzione delle emissioni serra, scelta questa che comporterebbe il contenimento e la sostenibilità dello sviluppo, esistono altre strade, certamente molto meno virtuose, che affrontano il problema del riscaldamento globale senza prevedere alterazioni del modello di sviluppo e che sembrano godere dei favori dell’Intergovernmental Panel on Climate Change IPCC. In definitiva, il messaggio che viene passato è: state tranquilli, continuate a svilupparvi e ad emettere gas serra all’infinito, la tecnologia penserà a compensarne gli effetti sul clima. Tecniche di questo tipo rientrano nella geoingegneria e sono basicamente di due tipi: la Rimozione dell’Anidride Carbonica (Carbon Dioxide Removal, CDR) e il Controllo della Radiazione Solare (Solar Radiation Management, SRM).

Per quanto riguarda l’SRM, ovvero il Controllo della Radiazione Solare, possiamo descriverne il principio così: se non riusciamo a togliere la “coperta serra” che ci fa riscaldare troppo, allora semplicemente oscuriamo il sole con una opportuna tendina tecnologica! Sembrerebbe uno scherzo, ma questa delirante idea è stata ed è oggetto di pubblicazioni “scientifiche” internazionali e, come mostriamo nel prossimo paragrafo, viene tenuta in grande considerazione nell’ultimo rapporto 2013 del IPCC. Tra i primi e più eclatanti lavori “scientifici” sull’uso di aerosol diffondenti in quota allo scopo di aumentare la riflettività (albedo) della Terra, menzioniamo i lavori di Edward Teller, lo scienziato che, fin da giovane, ha dedicato il suo talento scientifico alla progettazione di armi di distruzione di massa, partecipando al gruppo di Los Alamos che mise a punto le due bombe nucleari usate poi su Hiroshima e Nagasaki. Successivamente, utilizzando gli studi teorici che Hans Bethe aveva compiuto sulle reazioni nucleari all’interno delle stelle, Teller ha realizzato la bomba a fusione d’idrogeno, prodezza che ha ispirato il personaggio del Dr. Stranamore nell’omonimo film di Stanley Kubrik, e per la quale è universalmente conosciuto come padre della bomba H. Tra il ’61 e il ’73 prese parte alla Operation Plowshare (Operazione Vomere), promossa dalla Atomic Energy Commission (AEC), sugli usi civili delle esplosioni nucleari che, a detta dello stesso direttore dell’AEC si proponevano di “far conoscere le applicazioni pacifiche degli esplosivi nucleari e, con ciò, creare un clima di opinione mondiale più favorevole allo sviluppo delle armi nucleari e ai test su di esse”. Dopo aver esploso in territorio USA 27 ordigni di potenze comprese tra 0,37 e 105 kilotons, in altrettanti sottoprogetti, e fatto un tentativo di ampliamento del canale di Panama e di apertura di una nuova via d’acqua nel Nicaragua, carinamente chiamata Pan-Atomic Canal, l’Operazione Vomere è stata chiusa nel 1977 per le seguenti ragioni

[1] : Ci sono stati molti impatti negativi delle 27 esplosioni nucleari della Operation Plowshare: il sotto progetto Gnome ha mandato vapore radioattivo proprio sopra la il palco della stampa che era stata invitata per confermare la sicurezza del test. La successiva esplosione, una detonazione di 104 kiloton a Yucca Flat, Nevada, ha spostato 12 milioni di tonnellate di suolo e ha provocato una nuvola di polvere radioattiva che si è alzata di 12.000 piedi e si è diffusa verso il fiume Mississippi. Altre conseguenze – come il degrado del territorio, lo sfollamento delle comunità locali, l’acqua contaminata con trizio, la radioattività e la ricaduta dei detriti che erano stati scagliati in alto nell’atmosfera – sono state ignorate e minimizzate fino a quando il programma è stato chiuso nel 1977, in gran parte a causa dell’opposizione pubblica. [….] Il Progetto Vomere mostra come qualcosa destinato a migliorare la sicurezza nazionale può involontariamente fare il contrario se non riesce a considerare appieno le conseguenze sociali, politiche e ambientali. E sottolinea che il risentimento pubblico e l’opposizione possono anche fermare progetti già avviati.

In seguito, durante l’amministrazione Reagan, Teller è stato il primo e strenuo sostenitore, contro le forti obiezioni di Bethe, del programma Strategic Defense Initiative, noto come Scudo Spaziale o Guerre Stellari. Dopo aver mostrato, per oltre tre decenni, tanta indifferenza per le perdite di vite umane e per l’ambiente, a partire dagli anni ’90, Teller ha cominciato a “preoccuparsi” per la salute della biosfera, e i suoi interessi si sono spostati sulle problematiche ambientali e in particolare sul riscaldamento globale. I suoi articoli [2] [3], scritti insieme a R. Hyde e L. Wood, li abbiamo trovati solo a livello di pre-print e sembra non siano mai stati pubblicati su riviste internazionali. Il primo è stato presentato a Erice al 22º Seminario Internazionale sulle Emergenze Planetarie, e il secondo, presentato a Washington, in occasione del Simposio dell’Accademia Nazionale d’Ingegneria, porta sulla copertina la dicitura “Approved for public release; further dissemination unlimited”, come dire: dall’alto ci hanno dato il permesso, fatelo circolare al massimo….

Se si ha la pazienza di leggere il lavoro, anche solo in parte, si è colpiti dall’enfasi che viene posta nelle argomentazioni: il testo sembra scritto da un ingegnere di sistema che vuole vendere il suo software di gestione aziendale e ne esalta i benefici, concludendo che il costo sarà ampiamente riassorbito dai guadagni che il sistema genera. In entrambi i lavori, si propone l’uso di vari tipi di aerosol, da irrorare in quota, costituiti di sostanze che producono una diffusione della radiazione solare con angolo opportuno, per diminuirne la potenza che raggiunge la superficie terrestre. Nel secondo e più recente articolo, in cui s’introduce il concetto di active technical management of radiative forcing (ATMRF), che sarà poi sostituito successivamente dagli addetti ai lavori del IPCC con la più breve ed esplicita locuzione Solar Radiation Manegement, si fa una dettagliata discussione su costi e benefici della tecnica.

Di fatto con questi lavori, in cui ipotizza l’uso di materiali opportuni in grado di diffondere la radiazione solare secondo angoli opportuni, Teller lancia un appello globale per “salvare il pianeta” dal riscaldamento e, quando ciò dovesse accadere, anche da una nuova possibile glaciazione. Dice: la nostra tecnologia è in grado di compensare le variazioni climatiche, siano esse antropogeniche o dovute ad altre cause, come le attività solari [4].

Supponiamo di creare oggi un fondo di 1,7 mld$ e depositarlo in banca per produrre per sempre, a partire da qui a 50 anni, interessi di 1 mld$/anno e procediamo con le attività del genere umano, come abbiamo fatto finora. Tutte le piante della Terra saranno più produttive dato che sono molto meglio nutrite con CO2 e molto meno esposte alla radiazione UV solare, i bambini potranno giocare al sole senza paura, e continueremo a goderci il clima di oggi, i cieli più blu e migliori tramonti fino alla prossima glaciazione.”

L’articolo si conclude raccomandando al governo degli Stati Uniti di farsi promotore di un tale programma di geoingegneria e di cercare di coinvolgere in questo il massimo numero di paesi [6]

Abbiamo presentato quattro opzioni tecniche distinte e indipendenti per l’attuazione del ATMRF, tre delle quali potrebbero iniziare a operare al più presto. Queste proposte sono state valutate a conferenze internazionali e in workshop specialistici per mezzo decennio. Suggeriamo quindi che il governo degli Stati Uniti avvii immediatamente un programma intensivo, che includa esperimenti nell’atmosfera appositamente progettati in scala ridotta, per affrontare tutte le questioni salienti del ATMRF. …….. Per gli evidenti impatti globali che sono la conseguenza di qualsiasi tipo di sistema di gestione, auspichiamo che la partecipazione internazionale a questo programma sia la massima possibile.”

Vediamo ormai da diversi anni in Italia attività incessanti nei nostri cieli e sappiamo che lo stesso avviene in molti altri paesi, sia in Europa che fuori: dunque il governo degli Stati Uniti deve aver recepito il consiglio di Teller e dato scrupolosamente seguito alle sue raccomandazioni. E nella maggior parte dei casi ha attuato questo programma in “difesa dell’ambiente” con il consenso, e immaginiamo anche con il contributo operativo ed economico, di tutti i governi degli stati interessati al programma. Il punto inquietante è che nessun parlamento di nessuno stato, a cominciare dagli Stati Uniti, ha mai discusso la questione, né mai è successo che i cittadini siano stati informati di queste attività che dovrebbero salvare il nostro ambiente: se è vero che stanno facendo qualcosa di buono per noi, perché non ce lo illustrano chiaramente, perché non se ne discute? Eppure, come diremo nel prossimo paragrafo, lo stesso IPCC, anche se non menziona in modo esplicito i danni alla salute e all’ambiente derivanti dall’immissione di grandi quantità di sostanze chimiche nell’atmosfera, manifesta molte perplessità sui rischi e sugli effetti collaterali del SRM. La netta e inquietante impressione che si ricava è che questa operazione, che procede ormai da molti anni con il silenzio colpevole di tutte le istituzioni, sia in realtà un’enorme operazione d’intelligence militare globale.

Il 5º Rapporto IPCC 2013 sui cambiamenti climatici

Il clima è direttamente legato alla temperatura atmosferica media e, per alterazioni di questa che potrebbero essere anche giudicate modeste, può risentire di drastici stravolgimenti, con gravissime conseguenze in termini di uragani, nubifragi e inondazioni. Per questo motivo, nel 1988 il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), in collaborazione con l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), ha istituito l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), con l’obiettivo di monitorare l’andamento del surriscaldamento globale, i cambiamenti climatici che ne conseguono e la loro relazione con la concentrazione di gas serra nell’atmosfera. L’IPCC è costituito da tre gruppi di lavoro: Working Group I (WGI), Scienza dei Cambiamenti Climatici; Working Group II (WGII), Impatti, Adattamenti e Vulnerabilità; Working Group III (WGIII), Mitigazione dei Cambiamenti Climatici, a cui si affianca una Task Force specificamente dedicata ai gas serra.

A partire dal 1990, l’IPCC ha pubblicato 5 rapporti, l’ultimo dei quali, IPCC Fifth Assesment Report (AR5), è parzialmente disponibile da settembre 2013 come documento di sintesi indirizzato ai politici e come bozza del rapporto del WGI con titolo “Climate Change 2013: The Physical Science Basis”. Quest’ultimo lavoro si compone di 14 capitoli, per un totale di oltre 2.200 pagine, alla cui compilazione hanno contribuito 255 autori, tra scienziati e tecnici di moltissimi paesi. Per i WGII e WGIII, i cui testi definitivi saranno disponibili i primi mesi del 2014, i numeri degli autori sono rispettivamente 310 e 272. Anche soltanto da questi semplici dati numerici, possiamo facilmente immaginare il tipo di testo con cui avrà a che fare chi volesse, con buona volontà, mettersi a leggere per capire qual’è lo stato dell’arte sul clima del pianeta e quali le misure che sarebbe conveniente adottare. Il testo in questione si presenta come un’immensa collezione di materiali che gli editor hanno cercato di organizzare, e che vorrebbe rappresentare la posizione meditata e mediata dei componenti il WGI, ma in cui le posizioni sui vari delicatissimi temi si presentano spesso con molte diverse sfumature, e talvolta in forma contraddittoria. Prendendo ad esempio in considerazione il Cap. 7, intitolato “Nuvole e Aerosol” [7], che ha un totale di 147 pagine scritte da 19 autori, è verosimile che ciascun autore, che in media ha contribuito al testo con meno di 8 pagine, abbia toccato nel suo contributo, se non tutti, molti dei 35 paragrafi, che successivamente l’editor deve aver cercato di organizzare in modo coerente. Tuttavia, il risultato che si presenta al lettore è un testo frammentato, la cui area di coerenza è spesso inferiore alla mezza pagina, e in cui si dice, non si dice, e talvolta si finisce per contraddire ciò che si è detto.

Ma la novità eclatante, che ha segnato una svolta nell’impostazione dell’IPCC, è che in questo 5º rapporto 2013 per la prima volta si nomina esplicitamente la geoingegneria come tecnica in grado di controllare il riscaldamento globale senza dover ridurre le emissioni serra. Di seguito la definizione che ne viene data in una delle FAQ [8]

La geoingegneria – detta anche ingegneria del clima – è un vasto insieme di metodi e tecnologie che mirano ad alterare deliberatamente il sistema climatico al fine di alleviare l’impatto dei cambiamenti climatici. [….] Ulteriori conseguenze non possono essere avanzate, dato che il livello di comprensione scientifica delle tecniche SRM e CDR è ancora basso. Ci sono anche molte altre questioni (politiche, etiche e pratiche), che coinvolgono la geoingegneria, che vanno oltre lo scopo di questo rapporto

Il riconoscimento diretto e ufficiale della geoingegneria era avvenuto in realtà già nel giugno 2011, quando l’IPCC ha organizzato a Lima l’Expert Meeeting on Geoengeneering [9] e l’Expert Meeting on Economic Analysis, Costing Methods, and Ethics [10]. Nel capitolo 7 del rapporto del WGI si esaminano con molto dettaglio le due modalità principali degli interventi di geoingegneria, ovvero il CDR e l’SRM e dalla trattazione emerge che tutti gli interventi che mirano a ridurre la CO2, pur non essendo esenti da rischi ambientali, sono di gran lunga più costosi e difficili da implementare di quelli per il controllo della radiazione solare in ingresso. Questi ultimi sono descritti come molto efficienti ed economici, pur senza arrivare a farne l’apologia che il Dott. Stanamore aveva fatto nei suoi articoli. Anzi, in diversi paragrafi del Cap. 7 si esprimono dubbi fondamentali: in una situazione in cui si continuino a immettere quantità enormi di gas serra nell’atmosfera, si richiederebbe un’analoga escalation delle attività di SRM, ma queste avrebbero effetti collaterali sulla salute umana e sull’ambiente. Di seguito una delle tante affermazioni sull’efficacia e sui rischi del SRM [11]:

Numerosi effetti collaterali, rischi e difetti sono stati identificati nell’SRM. Diverse linee di evidenza indicano che questo produrrebbe una piccola ma significativa diminuzione delle precipitazioni a livello mondiale (con differenze più grandi su scala regionale) se si vuole mantenere costante la temperatura della superficie del pianeta. Fintantoché le concentrazioni di gas serra continuassero ad aumentare, si richiederebbe aumento proporzionale di SRM, esacerbandone gli effetti collaterali. Inoltre, con grande probabilità, un aumento dell’SRM a livelli considerevoli comporterebbe il rischio che un’interruzione delle stesse, per qualsiasi motivo, risulti in un rapido aumento (entro un decennio o due) delle temperature superficiali a valori coerenti con la concentrazione di gas serra, il che sottoporrebbe a forte sollecitazione i sistemi sensibili ai cambiamenti climatici. Infine, l’SRM non sarebbe in grado di compensare l’acidificazione degli oceani dovuta all’aumento di CO2.

Ma “stranamente”, malgrado i contributi al report provengano da tanti scienziati di diversi paesi, nel testo non sembra trovare spazio nessuna netta critica verso l’SRM: se ne continuano a elencare i benefici, i dubbi per non essere la tecnica sufficientemente conosciuta, e al massimo si esprimono alcune preoccupazioni, ma il bilancio viene sempre presentato come positivo. Inoltre tutti i riferimenti all’implementazione dell’SRM sono fatti in modo molto ambiguo, parlando di modellizzazione degli effetti e dei rischi, senza mai dire esplicitamente che in realtà queste prove sono già in corso da molti anni su scala planetaria e anzi, si ribadisce che esse non sono mai state fatte prove “in vivo” [12]:

Teoria, modelli, studi e osservazioni suggeriscono che alcuni metodi di SRM, se praticabili, sono in grado di compensare sostanzialmente un aumento della temperatura globale e parzialmente alcuni altri impatti dovuti al riscaldamento globale, ma la compensazione del cambiamento climatico causato dai gas serra sarebbe, con alta probabilità, imprecisa. I metodi dell’SRM non sono stati implementati né testati. La ricerca sull’SRM è nella sua fase iniziale, anche se sfrutta le conoscenze di come il clima risponde in generale a variazioni forzate dei parametri.

Il re è nudo, molti cittadini se ne sono accorti, ma l’IPCC non riesce a vederlo! Il fatto però che cominci a parlare di geoingegneria, pur negandone l’implementazione e la sperimentazione, è un segnale che qualcosa si sta muovendo. Sì, ma in quale direzione, forse verso un’escalation delle attività d’irrorazione?

Gli usi militari della geoingegneria

Risultati immagini per solar radiation management

Nel suo ultimo rapporto, l’IPCC, anche se in modo ambiguo, sdogana i progetti che utilizzano la geoingegneria e su di essi disquisisce con dovizia e ridondanza di particolari, senza mai arrivare a darne un parere netto: segno evidente che nel gruppo di consulenti c’è più di un obiettore, anche se molto tiepido. È relativamente facile comprendere come nell’IPCC, si sia riusciti, con meccanismi di cooptazione, a creare un gruppo scientifico di 5 lavoro, in qualche misura controllabile. Quello che tuttavia è difficile comprendere e accettare è come i registi di tale operazione planetaria siano riusciti a creare tanto consenso: da parte dei governi, delle forze armate coinvolte, della comunità scientifica direttamente coinvolta e in quella che rimane a guardare muta. E per finire, ma qui ormai non ci sorprendiamo più di tanto, da parte dell’intero sistema di comunicazione e informazione. È difficile credere che una macchina di tale perfezione, che è riuscita a coinvolgere milioni di persone, sia quelle che sono direttamente a libro paga, che altre che per qualche motivo pensano di dover procedere sui comodi binari che qualcuno gli offre, e che per questo motivo si ostinano a negare le evidenze, sia stata progettata per il bene dell’umanità. La quale umanità, per il fatto di non essere in grado di comprendere la gravità della situazione, deve esserne tenuta all’oscuro.

È invece molto più convincente che il fine di un tale mostruoso apparato sia quello, non già della salvezza della biosfera, ma del dominio del pianeta da parte di una ristretta élite, che ha in mano il controllo delle tecnologie militari più spinte. Tale orrenda congettura è purtroppo avvalorata da un’esauriente documentazione, sorprendentemente non classificata e totalmente disponibile per chi non ha ancora perduto la sovranità della propria vista e della propria mente. Per illustrare questa affermazione, citiamo, tra i tanti, un articolo particolarmente significativo “Il tempo atmosferico come moltiplicatore di forza: possedere il controllo del tempo atmosferico entro il 2025” [14]. Il lavoro è stato presentato per la pubblicazione in un immenso studio in 5 volumi, intitolato “Air Force 2025” [15], promosso nel 1996 dalla Air University, che fa parte del Comando della Forza Aerea degli Stati Uniti, con sede nella Base Aerea di Maxwell, in Alabama. All’inizio di questo lavoro, così come in ogni articolo pubblicato in “Air Force 2025” è contenuto un paragrafo “Disclaimer” in cui si legge [16]:

2025 è uno studio progettato in conformità con una direttiva dal capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare con il fine di esaminare i concetti, le capacità e le tecnologie necessari perché gli Stati Uniti rimangano in futuro la forza aerea e spaziale dominante. [….] Questa pubblicazione è stata valutata dalle autorità di sicurezza e di revisione delle politiche, non è classificata, ed è libera di circolare

Nell’Executive Summary del lavoro si legge quella che è una vera e propria dichiarazione d’intenti:

Nel 2025, le forze aerospaziali degli Stati Uniti potranno “possedere il clima”, capitalizzando le tecnologie emergenti e concentrandosi sullo sviluppo delle tecnologie usate nelle applicazioni belliche. Tale funzionalità offre ai combattenti gli strumenti per modificare il campo di battaglia in modi prima impossibili. [….] Lo scopo di questo lavoro è quello di delineare una strategia per l’utilizzo di un futuro sistema di modificazione del clima al fine raggiungere obiettivi militari più che fornire una dettagliata descrizione tecnica. Sforzo con alto rischio e alto beneficio, la modificazione del clima pone di fronte a un dilemma non dissimile da quello della scissione dell’atomo. Mentre alcuni segmenti della società saranno sempre restii a esaminare questioni controverse come la modificazione del clima, gli enormi benefici militari che potrebbero derivarne, vengono ignorati, con nostro rischio e pericolo. [….] Le attuali tecnologie che matureranno nel corso dei prossimi 30 anni offriranno, a chiunque abbia le risorse necessarie, la capacità di modificare la struttura climatica e gli effetti corrispondenti, almeno su scala locale. Le attuali tendenze demografiche, economiche e ambientali creeranno tensioni globali che forniranno a molti paesi o gruppi la spinta necessaria per trasformare questa capacità di modificazione del clima in una risorsa. Negli Stati Uniti, la modificazione del clima diventerà verosimilmente una parte della politica di sicurezza nazionale con applicazioni sia nazionali che internazionali. Il nostro governo persegue questa politica, secondo i suoi interessi, a vari livelli. Questi livelli possono includere delle azioni unilaterali, la partecipazione in un quadro di sicurezza come la NATO, l’adesione a un’organizzazione internazionale come l’ONU, o la partecipazione a una coalizione. Se partiamo dal presupposto che nel 2025 la nostra strategia di sicurezza nazionale includerà la modificazione del clima, il suo uso nella nostra strategia militare nazionale sarà la naturale conseguenza. Oltre ai significativi vantaggi che una tale capacità operativa potrebbe fornire, un’altro motivo per perseguire la modificazione del clima è scoraggiare e contrastare potenziali avversari.

Sempre nell’Executive Summary di questa pubblicazione, segue una tabella, della quale riportiamo alcune delle voci più significative:

Fiaccare le Forze Nemiche
Potenziare le Forze Amiche
Aumentare Precipitazioni
– Sommergere le Linee di Comunicazione
– Diminuire il Livello di Conforto e la Morale
Aumentare Precipitazioni
– Sommergere le Linee di Comunicazione
– Diminuire il Livello di Conforto e la Morale
Aumento dei Temporali
– Rendere impossibili le Operazioni
Modificazione dei Temporali
– Scegliere l’Ambiente per il Campo di Battaglia
Impedire le Precipitazioni
– Negare l’Acqua Potabile, Indurre la Siccità
Rimozione di Nebbia e Nuvole
– Impedire l’occultamento
Generazione di Nebbia e Nuvole
– Aumentare l’occultamento

Naturalmente nella tabella non è palesemente citato uno degli aspetti più inquietanti e militarmente più significativi, ovvero l’uso del controllo delle nuvole e delle piogge al fine di diffondere armi di distruzione di massa di tipo nucleare, chimico, batteriologico e radiologico (NBCR) che, è bene notare, malgrado la demonizzazione mediatica che si è fatta delle stesse, attribuendone l’uso a “paesi canaglia”, sono sempre state presenti negli arsenali di molti stati, a cominciare da quelli NATO. Si veda a questo proposito la definizione che Wikipedia dà di “arma di distruzione di massa” [17]:

Il termine Arma di distruzione di massa (in inglese Weapon of mass destruction) viene usato per descrivere un’arma capace di uccidere indiscriminatamente una grande quantità di esseri viventi. In ambito militare viene usato anche il termine ABC (Atomic Biological Chemical), sostituito dal termine NBC (Nuclear Biological Chemical) dopo l’invenzione della bomba all’idrogeno e infine da CBRN (Chemical Biological Radiological Nuclear) in seguito alla crescente consapevolezza della minaccia rappresentata dalle armi radioattive, anche se non esplosive (come le cosiddette bombe sporche).

Tra le armi di distruzione di massa, quella radiologica è probabilmente la più terribile e i suoi effetti apparivano già chiaramente agli scienziati del Progetto Manhattan nell’ottobre 1943, meno di due anni prima dei massacri di Hiroshima e Nagasaki. Allora, i tre componenti della sottocommissione per “L’uso dei materiali radioattivi come armi militari”, Conant, Compton e Urey, scrissero al Generale Leslie Groves, comandante militare del Progetto Manhattan, una lettera, desecretata nel 1974 e nota come “Memorandum Groves” [18]. Nella lettera si esprimeva la preoccupazione che i tedeschi potessero usare i materiali radioattivi come armi di distruzione di massa, e si sollecitava anche il comando a promuovere studi per la difesa da tali eventuali attacchi e per lo sviluppo di armi che prevedessero l’impiego di materiali radioattivi, che potessero essere usate dagli Stati Uniti in caso di necessità. Si parla dell’uso di questi materiali in forma di polveri sottili, che potrebbero essere depositate sul territorio da aerei oppure sparate mediante bombe, e dei loro effetti letali sulla popolazione – un milionesimo di grammo inalato da un adulto sarebbe letale – nonché del suo tempo di latenza sul territorio. Da questo scritto notiamo che le proprietà strategiche dei materiali radioattivi erano già chiare settanta anni fa, quando ancora non si sapevano produrre le polveri nanometriche e non si sapevano controllare le nuvole e la pioggia con la precisione con cui si riesce a fare oggi. Quando cioè non si avevano a disposizione quelle tecnologie che rendono possibile la dispersione su vasta scala di materiali radioattivi opportuni, come il terribile Polonio, oggi la più temibile arma di distruzione di massa.

Il lavoro “Weather as a Force Multiplier” precede di un anno l’articolo “Global Warming and Ice Ages” che Teller ha presentato ad Erice nel ’97, dando una chiara e significativa risposta al call for contributions lanciato dalla Air University alla comunità scientifica in occasione dell’Air Force 2025. Il lavoro “Weather as a Force Multiplier” è citato dal Generale Fabio Mini nel suo articolo “Owning the weather: la guerra ambientale globale è già cominciata”, pubblicato sulla rivista Limes [19], che fa un quadro estremamente ampio e lucido delle nuove strategie di guerra. Basta rivolgere lo sguardo in giro, e di pistole fumanti se ne incontrano tante: perché continuano a passare così inosservate da parte di chi potrebbe fare qualcosa?

Note

[1] Sovacool, Benjamin K (2011), “Contesting the Future of Nuclear Power: A Critical Global Assessment of Atomic Energy”, World Scientific: 171–2

[2]: E. Teller, R. Hyde e L. Wood “Global Warming and Ice Ages”, 1997 https://e-reports-ext.llnl.gov/pdf/231636.pdf

[3]: E. Teller, R. Hyde e L. Wood “Active Climate Stabilization: Practical Physics-Based Approaches to Prevention of Climate Change”, 2002 http://www.osti.gov/accomplishments/documents/fullText/ACC0233.pdf

[4]: Teller Active Climate Stabilization, pag. 1

[5]: Teller Active Climate Stabilization, pag. 8

[6]: Teller Active Climate Stabilization, pag. 8

[7]: IPCC Assessment Report 5 – 2013, chapter 7 – Disponibile su: http://www.climatechange2013.org/report/review-drafts/

[8]: IPCC AR5-WGI, Cap. 7, FAQ 7.3, pag 67

[9]: IPCC Expert Meeting on Geoengineering – Disponibile su: http://www.ipcc.ch/pdf/supporting-material/EM_GeoE_Meeting_Report_final.pdf

[10]: IPCC Expert Meeting on Economic Analysis, Costing Methods, and Ethics – Disponibile su: http://www.ipcc.ch/pdf/supporting-material/CostingEM_Report_FINAL_web.pdf

[11]: IPCC AR5-WGI, Cap. 7, pag 5

[12]: IPCC AR5-WGI, Cap. 7, pag 5

[13]: Weather as a Force Multiplier: Owning the Weather in 2025 – Disponibile su: http://csat.au.af.mil/2025/volume3/vol3ch15.pdf

[14]: Air Force 2025, Air University, 1996 disponibile su http://www.fas.org/spp/military/docops/usaf/2025/

[16]: Weather as a Force Multiplier: Owning the Weather in 2025, pag ii

[17]: disponibile su http://it.wikipedia.org/wiki/Arma_di_distruzione_di_massa

[18] il Memorandum Groves è disponibile agli indirizzi: pag 1 http://en.wikipedia.org/wiki/File:Groves_memo_30oct43_p1.GIF pag 2 http://en.wikipedia.org/wiki/File:Groves_memo_30oct43_p2.GIF pag 3 http://en.wikipedia.org/wiki/File:Groves_memo_30oct43_p3.GIF [19] Owning the weather: la guerra ambientale globale è già cominciata”, Limes n° 6-2007 http://service.users.micso.net/FSI/Downloads/Owning_the_weather-Fabio_Mini.pdf

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