L’asteroide che si è frammentato in mille pezzi sopra il cielo degli Urali ha ridestato l’attenzione del mondo della scienza sui rischi che corre il nostro pianeta

22-02-201320:26

Assolutamente imprevisto e per questo ancora più pericoloso. L’asteroide che si è frammentato in mille pezzi sopra il cielo degli Urali ha ridestato l’attenzione del mondo della scienza sui rischi che il nostro pianeta corre costantemente. Perchè ogni giorno sono migliaia le rocce spaziali che ci passano accanto: tutte potenzialmente in rotta di collisione con la Terra, ma solo una minima parte di esse viene individuata dai nostri telescopi.

In inglese si chiamano NEOs, un acronimo che sta per Near Earth Objects (Oggetti Vicini alla Terra). Spesso hanno dimensioni ridotte, con diametri di poche decine di metri. Per questo sfuggono al controllo: sono così piccoli da non essere visti, complice anche la luce solare o quella riflessa dalla Luna che li rende pressochè invisibili. Eppure, nonostante l’aspetto rassicurante, questi sassi vaganti possono diventare minacciosi, come il fenomeno di qualche giorno fa in Russia ha dimostrato.
L’asteroide che ha danneggiato centinaia di edifici e causato oltre 1Meteoriti: come evitare altri disastri200 feriti a Chelyabinsk era lungo circa 17 metri e pesava meno di 10mila tonnellate. Eppure ha provocato un’onda d’urto terrificante, registrata dai sensori di tutto in mondo, dalla Groenlandia all’Africa- parte di una rete globale di stazioni per la ricezione degli infrasuoni gestita dalla CTBTO (Comprehensive Nuclear Test Ban Treaty Organization) che vigila sul rispetto del trattato antinucleare.

Grazie a queste sensibili strumentazioni, è stato possibile quantificare l’energia sprigionata dall’esplosione del bolide all’ingresso nell’atmosfera: circa 300 chilotoni, pari a 20/25 volte la bomba atomica che ha distrutto Hiroshima. Nulla a che vedere, certo, con quello che nel 1908 precipitò in Siberia, nella foresta di Tunguska, rilasciando da 10 a 15 megatoni di energia. Ma resta comunque una potenza spaventosa, che spiega le prime reazioni degli scienziati moscoviti. “Siamo stati fortunati”, hanno detto. Chissà cosa sarebbe successo, infatti, se l’asteroide non si fosse frantumato e avesse raggiunto il suolo.
Sono piccole, dunque, ma potenzialmente devastanti queste rocce a spasso per lo spazio. Per questo diventa indispensabile riuscire a prevederne l’arrivo, fosse anche con un solo giorno di preavviso: anzi, a volte, un minuto può fare la differenza. Così l’argomento è diventato materia di discussione durante l’ultima riunione del Sottocomitato Scientifico e Tecnico delle Nazioni Unite per l’uso pacifico dello spazio, programmato dall’11 al 22 febbraio a Vienna.

La necessità di potenziare la nostra capacità di controllo dei NEO per prevenire impatti futuri è da anni un punto centrale dell’agenda del cosiddetto “Action Team-14”, il gruppo di lavoro di cui fanno parte esperti di 14 nazioni e ricercatori di enti spaziali (inclusa l’ESA). “L’evento in Russia e il passaggio contemporaneo di 2012-DA14 ci fanno ricordare quante migliaia di simili oggetti ogni giorno transitano accanto alla Terra. È dunque fondamentale dare risposte in merito a quali di questi asteroidi potrebbero colpirci e quanti danni potrebbero provocare”, ha detto Ray Williamson, senior advisor del “Secure World Foundation”, un’associazione privata che promuove un uso sicuro e sostenibile dello spazio.
“Pensavamo tutti all’ incontro ravvicinato con 2012-DA14 di venerdì sera e siamo rimasti scioccati quando al mattino abbiamo saputo quello che era successo in Russia”, ha aggiunto Detlef Koschny, del Centro di ricerca e tecnologia dell’Agenzia spaziale europea. “Che strana coincidenza, verrebbe quasi da pensare che sia stata una sorta di avvertimento cosmico…” Insomma, un modo per metterci in guardia e spingerci ad un maggior impegno nell’osservazione, nella analisi e nella valutazione dei NEO.
Un messaggio, a quanto pare, subito recepito dalla Nasa che ha deciso di aumentare gli investimenti per il cosiddetto ATLAS, ovvero Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System (Ultimo Sistema di Allarme per l’impatto sulla Terra di Asteroidi), sviluppato da John Tonry presso l’Istituto di Astronomia dell’Università delle Hawaii. “Vogliamo utilizzare piccoli telescopi, ma con un campo visivo molto profondo, allo scopo di scandagliare l’intero cielo due volte a notte per vedere tutto quello che si nasconde lassù”, afferma il ricercatore.
Questo sistema di rilevamento sarebbe in grado di avvistare un asteroide simile a quello di Chelyabinsk, come conferma lo stesso Tonry. “Potremmo dire esattamente di che tipo è, in quale posizione si trova con uno scarto di un chilometro e mezzo, istante dopo istante”. Bolidi delle dimensioni di quello caduto in Russia colpiscono la Terra almeno una volta all’anno, solo che di solito non producono gravi conseguenze perchè cadono in zone disabitate oppure in mare. “Mi ha stupito verificare che il rischio di impatto sia tanto concreto e che provenga da oggetti tanto piccoli”, aggiunge l’astronomo.

Non sappiamo quando ATLAS potrà entrare in funzione: per ora è solo in fase di studio, ma i 5 milioni di dollari stanziati dalla NASA all’indomani dello schianto in Russia fanno pensare ad un’accelerata nel progetto. L’evento del 15 febbraio ha infatti mostrato, una volta di più, la fragilità del nostro pianeta e la nostra impreparazione a fronteggiare emergenze del genere. Nello stesso giorno, un asteroide ci ha sfiorato e un altro è esploso nell’atmosfera: per gli scienziati, una coincidenza eccezionale, che capita una volta su 100 milioni. Ma è successa. E se pensiamo che il rischio di un impatto al suolo è di 1 su 10 mila, entro i prossimi 100 anni, non c’è proprio da star tranquilli…

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