Ufficiale: la Regione di Bruxelles ha bloccato il 5G: “i nostri cittadini non sono cavie!”

di Maurizio Martucci

Siamo i primi a darne eco in Italia. Dal Belgio arriva una notizia col botto: saltato l’accordo per il bando dell’asta pubblica sulle inesplorate radiofrequenze del wireless di quinta generazione, il lancio della fase di sperimentazione del 5G prevista per il 2020 è stato bloccato dalla Regione di Bruxelles, in pieno disaccordo col Governo Federale centrale belga! “Da Luglio lavoro sul caso e oggi è orami chiaro come sia impensabile per me consentire l’arrivo di questa tecnologia se non posso garantire il rispetto degli standard che proteggono i cittadini. I cittadini di Bruxelles non sono topi da laboratorio la cui salute può essere svenduta per profitto!” Sono le parole pronunciate dal ministro regionale all’ambiente Céline Fremault, e spiegano senza inutili giri di parole il clamoroso stop deciso dal governo locale presieduto da Rudi Vervoort, dopo che nell’estate scorsa era stato firmato il Memorandum of Understanding, un accordo sul 5G con i colossi delle telecomunicazioni Proximus, Orange, Telenet, adesso invece congelato. 

Si tratta del primo caso in assoluto in Europa: il 5G è pericoloso e si può fermare!

Céline Fremault, ministro di Bruxelles

 

Nei paesi dove la salute dove viene prima di ogni strategia d’impresa, non si vendono le bande per un prodotto/servizio pericoloso per la sanità pubblica e si trovano forza politica e coraggio per stopparlo, senza girarsi dall’altra parte come invece persevera ponziopilatescamente il nostro ministro alla salute Giulia Grillo.

La decisione, oscurata dalla stampa italiana propensa più agli spot pubblicitari delle Telco che agli appelli precauzionali lanciati dall’alleanza Stop 5G e da più d’una decina di consigli regionali, provinciali e comunali dove sono in votazione  mozioni Stop 5G(la prima è già stata approvata a Roma nel Municipio XII), è nata in seguito alle richieste avanzate dalle compagnie del wireless di innalzare i limiti soglia d’irradiazione elettromagnetica dagli attuali 6 V/m (come nella media delle 24 ore anche in Italia) ai più alti e rischiosi 14,5 V/m (nella maggioranza a cinque stelle che sostiene il Governo Conte c’è chi vorrebbe portarli a 61 V/m nel Belpaese!). Ago della bilancia anche l’assenza di studi preliminari sul rischio sanitario del 5G, approfondimenti scientifici su cui l’Istituto Ramazzini s’è reso disponibile ad investigare per il bene comune. “C’è l’impossibilità di valutare le emissioni delle antenne utilizzate dagli operatori per mancanza di informazioni tecniche disponibili sul comportamento”, ha ripetuto ancora la tenace Fremault.

Deciso il temporaneo blocco al 5G (che è poi la richiesta moratoria sostenuta da medici, scienziati e da oltre 11.000 cittadini firmatari della petizione consegnata ai parlamentari dall’alleanza italiana Stop 5G), il ministro dell’ambiente di Bruxelles ha girato la palla alle conclusioni del Comitato regolatore delle telecomunicazioni (BIPT), del comitato di esperti (istituito nel 2014), del Consiglio economico e sociale (CESRBC), del governo della Federazione Vallonia-Bruxelles, del Consiglio di Stato e del Consiglio dell’ambiente (CERBC). “Questa è la prima volta che chiediamo tante opinioni sugli standard di emissione“, ha concluso Céline Fremault appellandosi al Principio di Precauzione sancito dall’Unione Europea. Il 5G non è sicuro e fermalo si può!

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