Il documento in discussione a Montréal, all’assemblea dell’Organizzazione internazionale per l’aviazione civile dell’Onu (ICAO), prevede che per i primi 5 anni l’adesione sia volontaria: ogni Stato si può sfilare in qualsiasi momento. L’accordo dovrebbe invece diventare obbligatorio e vincolante solo a partire dal 2027. Per il momento sono 55 (sui 191 membri dell’ICAO) i Paesi che hanno annunciato di volersi sedere al tavolo delle trattative.

Le compagnie aeree devono inquinare di meno

Oggi a Montreal inizia un’importante assemblea per decidere come fare, ma le premesse sono deludenti

Martedì 27 settembre a Montreal, in Canada, inizia una delle più importanti assemblee dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO) degli ultimi tempi. La riunione è stata organizzata dall’agenzia autonoma delle Nazioni Unite per approvare un documento che vincoli le compagnie aeree a un programma di riduzione delle emissioni di gas serra, a partire dall’anidride carbonica, per contrastare il riscaldamento globale. Si stima che l’industria dell’aviazione civile produca ogni anno emissioni equivalenti a quelle prodotte dai 129 paesi meno inquinanti al mondo messi insieme. Nonostante qualche rallentamento dovuto alla crisi economica, il settore del trasporto aereo continua a essere in piena espansione: nel 2010 i voli di linea hanno portato da un punto all’altro del mondo circa 2,4 miliardi di passeggeri, ma si stima che entro il 2050 possano diventare 16 miliardi. Per questo motivo è essenziale che siano trovate regole comuni per ridurre l’impatto ambientale dell’aviazione civile.

L’assemblea di Montreal proseguirà fino al prossimo 7 ottobre, termine entro il quale dovrà essere formalizzato un accordo, sul quale esiste già una bozza, non molto incoraggiante. Finora le compagnie aeree sono state sostanzialmente tenute fuori dagli accordi internazionali contro il riscaldamento climatico come quello di Parigi, il più importante di tutti, e in fase di ratifica in questi mesi con condizioni vincolanti per i paesi che hanno deciso di aderire (fortunatamente tutti i più grandi, Stati Uniti e Cina compresi). A Parigi, e nelle riunioni successive, si è deciso di tagliare le emissioni e ridurre la produzione di inquinanti per fare in modo che nei prossimi decenni la temperatura media del pianeta non aumenti di più di 2 °C: anche se ha ricevuto molte critiche e per alcuni è troppo tardi, l’accordo è considerato il migliore dai tempi di quello di Kyoto, ma non tiene in considerazione l’industria dell’aviazione civile. A Montreal si dovranno quindi decidere regole e vincoli per ridurre l’impatto ambientale dell’aviazione civile, in modo da rendere fattibile il mantenimento degli impegni presi a Parigi dai governanti di tutto il mondo (o quasi).

Ministri dei trasporti, funzionari, rappresentanti del settore ed esperti lavoreranno all’assemblea per definire un meccanismo che imponga alle compagnie aeree di ridurre le loro emissioni a partire dal 2020. Poco meno di 60 paesi tra Stati Uniti, Cina e buona parte degli stati membri dell’Unione Europea, hanno annunciato il loro sostegno a un accordo di questo tipo, e considerato che molte delle compagnie aeree che producono più emissioni sono concentrate in questi paesi, si potrebbe ottenere una significativa riduzione nella produzione di CO2.

Le bozze circolate finora non sembrano però essere molto promettenti. La proposta è di rendere facoltativa l’adesione al piano di riduzione delle emissioni entro il 2020, e di mantenerla tale per 7 anni prima di introdurre un obbligo. Questo periodo di tempo dovrebbe servire alle compagnie aeree per sperimentare varie soluzioni, senza stringere troppo i tempi e mettendo a rischio le loro attività. Il problema, osservano i più critici, è che in questo modo si rischia di rimandare a oltranza un problema che già è stato rinviato per quasi 20 anni. A questo si aggiunge che alcuni altri grandi produttori di CO2, come Russia e India, hanno ancora molte risorse e non è chiaro se alla fine daranno la loro adesione.

Come avvenuto già per l’accordo di Parigi e con i precedenti, ci sono poi le proteste e le indisponibilità dei paesi con economie in via di sviluppo, che chiedono di avere esenzioni e rinfacciano ai paesi già sviluppati di imporre limiti dopo avere consumato e inquinato per decenni senza farsi troppo problemi. A Montreal si discuterà quindi una proposta per escludere dall’accordo le compagnie aeree dei paesi più piccoli e in via di sviluppo, ma con inevitabili ripercussioni anche sulle compagnie più grandi per motivi di equa concorrenza. Se una compagnia aerea della Tunisia sarà esclusa dall’accordo, potrà gestire voli da Tunisi a Parigi senza limiti per quanto riguarda le emissioni, ma altrettanto potranno fare le altre compagnie che gestiscono voli sulla stessa tratta, compresa Air France – KLM, una delle più grandi compagnie al mondo.

A differenza dell’accordo sul clima di Parigi, che prevede un vincolo di 4 anni dal momento della sua entrata in vigore, la bozza di Montreal per l’aviazione civile ha termini meno vincolanti: un paese potrà rinunciare a sei mesi di distanza dall’inizio della fase volontaria. È poi prevista l’istituzione di un meccanismo a crediti, simile a quello degli accordi ambientali da Kyoto in poi, per consentire alle compagnie aeree di compensare le loro emissioni con iniziative di altro tipo e in altri settori per ridurre la produzione di CO2 a livello globale.

Secondo le Nazioni Unite, l’impatto economico dell’accordo ICAO potrebbe essere intorno agli 1,5 – 6,2 miliardi di dollari per le compagnie aeree, meno dell’1 per cento dei loro ricavi complessivi. Le compagnie aeree potranno decidere se accollarsi direttamente la spesa, o se scaricarla sui loro clienti ritoccando i prezzi dei biglietti. I benefici dell’operazione non sono invece prevedibili fino a quando non si saprà quanti paesi saranno disposti a sottoscrivere l’accordo di Montreal.

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