Franco Prodi: “La Cop21 importante ma si focalizza soltanto sulla Co2. E intanto la terra viene saccheggiata”

La conferenza sul clima di Parigi è importante ma nasconde dietro un paravento due elementi fondamentali: gli scienziati non hanno ancora messo a punto un modello sul clima capace di fare delle previsioni e, contemporaneamente, l’ambiente planetario subisce un saccheggio e un inquinamento sistematico che porterà presto al suo esaurimento“.

La voce di Franco Prodi, climatologo di fama internazionale, è controcorrente. Mentre i grandi della Terra lanciano l’allarme sulla necessità ormai impellente di ridurre le emissioni di Co2, pena il disastro globale alla fine del secolo, l’ex direttore dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr rovescia i termini della questione e ricorda come “nell’ambito del clima non siamo ancora riusciti a fornire un modello capace di fare delle previsioni”, così come la semplice contrazione di Co2 non sarebbe sufficiente in quanto questo è soltanto uno dei vari gas serra responsabili del riscaldamento.

Ecco perché, conclude, l’attenzione dei potenti del globo – Matteo Renzi compreso – dovrebbe concentrarsi sul finanziamento della ricerca scientifica sul clima e parallelamente sulla salvaguardia dell’ambiente poiché sulle previsioni catastrofiche dell’inquinamento e dello sfruttamento delle acque e dei terreni “purtroppo non c’è alcun dubbio”.

Professor Franco Prodi, l’obiettivo della Cop21 è impedire che il pianeta aumenti la temperatura di due gradi altrimenti sarà il disastro. Avrà successo?
Ormai seguo poco queste conferenze sul clima, inaugurate nel 1978, poiché ritengo che questo dialogo tra la politica mondiale e la scienza sia valido ma soltanto in parte. Fondamentale è invece seguire il percorso degli scienziati che si occupano di climatologia attraverso la ricerca e le pubblicazioni nelle riviste scientifiche. Ebbene, nell’ambito del clima non siamo ancora riusciti a fornire un modello capace di fare delle previsioni e perciò siamo costretti a parlare soltanto di “scenari”: ecco perché per il momento l’innalzamento della temperatura del pianeta nei prossimi decenni potrebbe, proprio secondo coloro che si occupano della materia, variare da uno a otto gradi. Una forbice troppo ampia, dovuta proprio al fatto che non esiste un vero e proprio modello climatico.

Perciò l’allarme lanciato dai leader del mondo è poco ancorato alla scienza?
Il futuro della scienza è la comprensione del clima. Per questo occorre investire molto nella ricerca e lasciare agli scienziati la possibilità di continuare a studiare. Credo che riusciremo a ottenere un buon modello di previsione soltanto nei prossimi decenni. Tuttavia questo non deve passare come un atteggiamento indifferente nei confronti di quanto sta accadendo, piuttosto è il contrario: nell’attesa di arrivare a una vera conoscenza dei meccanismi che regolano il clima, la Cop21 sta nascondendo una realtà che è invece misurabile e cioè gli effetti dell’inquinamento e del saccheggio sull’ambiente planetario. A questo ritmo di saccheggio sistematico, il nostro pianeta si avvierà a un esaurimento delle risorse e diventerà sempre più invivibile. Su questo non esiste alcun dubbio.

Qual è dunque il discorso che la Cop21 non affronta in profondità?
Il discorso di Parigi si focalizza quasi unicamente sulle quote di Co2 per diminuire il riscaldamento globale, ma qualsiasi studioso del clima può confermare che questo non è l’unico agente responsabile del surriscaldamento: per esempio anche il vapor acqueo è un gas serra, così come il metano, l’ozono e in definitiva tutto ciò che è triatomico o composto da più di tre atomi poiché sono elementi che assorbono le radiazioni solari. Rimanendo comunque all’interno della sola Co2, abbiamo sperimentato modelli dove raddoppiando il volume di questo gas serra si ottiene un riscaldamento, ma occorre tener conto di altre specificità come il calore interno alla terra, l’emissione dei gas dei vulcani, i ghiacci, l’emissione delle foreste e insomma tutti questi aspetti dovrebbero essere inseriti all’interno del modello per ottenere una reale comprensione scientifica del fenomeno. Parlo come esperto delle nubi: si tratta di elementi così volatili che è difficile ottenere un modello applicabile in tutti i punti della Terra.

La riduzione delle emissioni di Co2 non sarebbe comunque una vittoria per l’ambiente?
Certamente sarebbe importante ma l’azione sulle quote deve essere accompagnata dal sostegno alla ricerca scientifica, un aspetto purtroppo molto trascurato dai governi. Purtroppo il grande pubblico fa confusione tra global warming (riscaldamento globale) e global climate change (cambiamento climatico, ndr). Ma vengono trascurati anche ulteriori questioni fondamentali: la deforestazione, il modello insano di produzione industriale, la mancanza di una vera politica di riciclaggio dei rifiuti, il discorso che avvicina al vegetarianesimo in quanto la produzione di carne consuma moltissima acqua, lo sfruttamento della biosfera, ecco, tutti questi elementi devono essere trattati in un’ottica globale e planetaria perché quello che accade in un luogo avrà effetti ovunque e non ha più senso dividere i paesi in via di sviluppo da quelli industrializzati.  FONTE

Il professore delle nuvole

Pensare di cambiare il clima emettendo più o meno CO2 è un tantino esagerato… questa cosa la ripete da anni: Franco Prodi, uno che dice di non sapere tutto, ma sa tante cose. E tante cose non le dice.

“Non fosse altro che per la costanza e la tenacia con cui si è opposto alla vulgata imperante del catastrofismo climatico e al verbo incarnato in Al Gore del riscaldamento globale di origine antropica (cioè: se fa caldo è colpa nostra e solo nostra, se piove è colpa nostra e solo nostra, se non nevica idem, e pure se nevica) e all’ideologia secondo la quale la scienza ha già capito tutto del clima, non c’è più tempo, bisogna agire ora, il premio sarebbe di per sé già meritato. Ovviamente c’è di più.
Franco Prodi è geofisico e climatologo stimato in tutto il mondo; per la precisione è un fisico dell’atmosfera, esperto di nubi e grandine. Nel decennio in cui i climatologi sui media hanno assunto toni da Apocalisse e atteggiamenti da supereroi (aiutati se non aizzati dai media stessi), Prodi ha scelto il suo mantra, e lo ha ripetuto, pacatamente, con una sicurezza e una costanza impressionanti, fregandosene di come l’opportunismo sposato da certi colleghi avrebbe potuto renderlo più popolare: “Sui cambiamenti climatici sappiamo ancora troppo poco. L’immensità del campo di energia coinvolto dall’irradiazione solare sul pianeta, più la complessità del filtro atmosferico, e mille altre varianti, non consentono certezze a buon mercato, classificazioni facili”; questo il succo dei suoi interventi….

Per oltre vent’anni (fino al 2008) professore ordinario di Fisica generale e poi di Fisica dell’atmosfera presso l’Università di Ferrara, nel 1967 entra nel Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), al cui interno ricopre diverse cariche, fino alla direzione, nel 2002, dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac); da due anni ha lasciato quella carica, oggi è associato al Cnr, dove porta avanti diversi progetti, parallelamente alla gestione di una piccola azienda che produce strumenti di misurazione, la Nubila.  ARTICOLO INTEGRALE 

Il professore dovrebbe essere ben informato sull’ ACCORDO ITALIA/USA  

Nel 2002, Italia ed USA hanno stipulato un accordo denominato “Cooperazione Italia-U.S.A. su scienza e tecnologia dei cambiamenti climatici

 L’ ACCORDO COMPLETO

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