No, «Il pianeta mangiato» non è l’ennesima dieta salva-umanità o salva-ambiente: sicuramente farà discutere, ma ignorare i dati (o fare “sconti”) è impossibile.

E’ un allarme: in qualunque dieta crediate, qualunque agricoltura soddisfi le vostre aspettative, per “salvare il mondo” bisognerà tirar dentro miliardi di noi che non sanno neppure di cosa stiamo parlando e che in grande maggioranza non hanno il potere d’acquisto per scegliere niente. Altrimenti qualunque scelta sarà sbagliata. E potremmo non avere una seconda occasione.

Scritto da un ex dirigente di livello internazionale nel settore dell’agroindustria, è un libro di denuncia maanche un invito e uno stimolo al cambiamento. Mauro Balboni è laureato in Agraria all’Università di Bologna, come me: cosa da tenere ben a mente perché troppe volte mi sono trovato a discutere con vegetariani, fruttariani, primitivisti, vegani, respiriani, onnivori, carnivori e ognuno affermava che la sua scelta era la “via d’uscita”. Per non parlare di chi ha trovato la “soluzione”, i primitivisti raccoglitori/cacciatori e gli anticivilizzatori.

Molto raramente mi sono trovato a discutere con chi aveva una preparazione seria e sapeva almeno cosa fosse l’agricoltura: non serve sapere cosa sia la fototosintesi clorofilliana o chi produce metano enterico ma almeno la differenza tra cereali e frutti questo sì.

Siamo tutti (?) animati da buone intenzioni, ma molti con la loro verità e già questo deve far pensare. Rubo a Gioacchino Rossini il giudizio, richiesto, su un’opera: «C’è del nuovo e c’è del bello. Ma il bello non è nuovo e il nuovo non è bello». Ecco, per me, questa è l’attuale situazione e di qui bisogna uscirne.

«Si chiama AGRICOLTURA. Oggi è un’industria dai molti danni collaterali: ha inventato una pandemia, la globesità; si beve il 70% dell’acqua dolce del pianeta; ha sconvolto cicli geochimici planetari; è tra le cause del riscaldamento. Dobbiamo cambiarla. Ma non sappiamo come, combattuti tra l’ottimismo dominante della crescita continua (ribattezzata all’occorrenza “sostenibile”) e l’idealizzazione del cibo pre-industriale (che sfamava 1 miliardo di persone, ma forse non i 10 miliardi del 2050). Mentre incombe la sfida finale, all’incrocio più pericoloso della civilizzazione umana: produrre cibo su un pianeta caldo e ostile, con sempre meno terra fertile ed acqua per irrigare. Dove il grano per la pasta potrebbe arrivare dall’Artico, i pomodori dai tetti del vostro quartiere e le proteine sintetiche dai batteri di un laboratorio».

La Nestlè sta trasferendo mucche in Siberia, in Svizzera ci sono dai 30/40.000 bovini in eccedenza, dato che diventa di oltre 300/400.000 sommando le eccedenze di tutti i Paesi limitrofi. La produzione di prodotti vegetali sono anche loro eccedenti.

Per cui arriviamo al paradosso che il surplus dei prodotti dall’agricoltura uccide più che la fame. Sovrappeso e obesità (2.000.000.000 in tutto il mondo e con crescita anche nei Paesi poveri) uccidono oggi nel mondo più persone della fame.

Big Food/Big business sa già esattamente cosa fare e da tempo. Non ci sarà meno agricoltura, ci sarà più agricoltura, quella che sta divorando il pianeta. Ha già pianificato tutto e da tempo. Non ce ne siamo accorti. Entrate in un supermercato e con attenzione guardate i prodotti alimentari, non sono gli stessi di anni fa. Sono cambiati, l’offerta è cresciuta. Il prodotto vegetale fresco non esiste quasi più. E’ stato sostituito dal congelato oppure in un aumento di offerta di ogni genere di cereali o semi. Crescita dell’offerta di carni trasformate in prodotti a lunga conservazione, gli insaccati. Dilaga lo yogurt.

Tutte proteine prodotte in eccedenza che sono proposte trasformate, non riconoscibili. Big Food ha indotto e induce in continuazione nuovi bisogni.

Un esempio? Pets! Animali domestici. In Italia ce ne sono 60.000.000 e devono tutti mangiare: possibilmente sano, nutriente, vegetariano o vegan anche se canidi o felini. Non faccio polemiche, ma tenere milioni di uccelli in gabbia o pesci in un vaso è un abominio e umanizzare gli altri animali domestici è stato un colpo da maestro di Big Food/Big business.

Pensavamo che “biologico”, “chilometro zero”, “vegan” fossero la giusta strada? Dobbiamo ripensare questi termini perché Big Food/Big business se ne è impossessato. Rientrate nel supermercato. Da tempo sono apparsi reparti dedicati: “bio”, “vegan”, “chilometro zero”. Piccolo particolare, costano molto. Il ricarico medio, dal costo di produzione al prezzo di vendita, è molto più alto che nei prodotti normali.

Big Food/Big business si è trovato un bisogno nuovo senza muovere un dito e a costo zero. Abbiamo lavorato gratis per loro.

La soluzione per fermare questa folle corsa verso il baratro?

Tecnicamente non impossibile.

Difficile, ma necessario, un cambio radicale del nostro pensiero e del nostro rapporto che abbiamo su alimentazione e agricoltura.

Il libro di Balboni è di facile lettura ma può essere di non facile digestione.

Sono i dati riportati che fanno sentenza.

Non dà una soluzione ma porta a pensare (e si spera ad agire) in modo diverso. Da qui si deve ripartire e stare ben attenti a non lavorare gratis ancora una volta per Big Food/Big business. Un solo consiglio, prima di criticarlo, va letto e digerito.

FONTE http://www.labottegadelbarbieri.org/la-guerra-dellagricoltura-contro-il-pianeta/

Mauro Balboni

«IL PIANETA MANGIATO: La guerra dell’agricoltura contro il pianeta»

Dissensi editore

 

NOTA:  L ’agricoltura così com’è è  responsabile per un terzo del cambiamento climatico. Si è generalmente d’accordo che circa il 25% delle emissioni di Co2, sono prodotte da fonti agricole, fra le più importanti la deforestazione, l’uso di fertilizzanti ricavati da fonti fossili, e la combustione di biomasse. La maggior parte del metano presente in atmosfera proviene dai ruminanti del territorio nazionale, dagli incendi nelle foreste, dalla coltivazione di riso nelle paludi e lo spreco di prodotti, mentre il tillage convenzionale e l’uso di fertilizzanti è responsabile per il 70% della produzione dell’ossido di nitrato. VEDI QUI 

Altro che sistemi di stoccaggio di CO2 altamente tecnologici: basta coltivare i suoli a agricoltura biologica per ottenere una considerevole,cattura di anidride carbonica da stoccare sotto terra. E la soluzione si rende necessaria perché l’agricoltura industriale è una delle fonti di inquinamento principale sul Pianeta assieme alle industrie e alle autovetture. VEDI QUI

SE IL PROBLEMA E’ LA CO2

Clima: con il 20% di agricoltura biologica in Europa meno 92 milioni di tonnellate di CO2

 VEDI QUI


Secondo il 
Rodale Institute, l’agricoltura biologica ha il potere di ridurre in modo significativo i cambiamenti climatici riuscendo a immagazzinare in modo efficiente il carbonio nel sottosuolo.

 

 

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